Pisa aspettava da troppi anni di tornare a giocarsi le proprie carte in palcoscenici che contano, con grandi prospettive sul futuro e una stabilità societaria, ma anche con progetti come la nuova Arena o il centro sportivo. In una ventina d’anni i nerazzurri sono falliti due volte e ci sono andati vicino una terza volta, mentre a pochi chilometri di distanza era una corsa ad umiliare un rivale ferito. Oggi la ruota sta girando, con il Pisa che si lascia alle spalle ancora una volta Petroni, retrocesso con il Trapani, mentre quegli stessi problemi societari per i quali troppo spesso in casa amaranto si ironizzava verso Pisa, ora sono vissuti in prima persona a Livorno. Non sappiamo come finirà, ma la ruota gira per tutti.
IL PASSATO DEL PISA – Il passato si chiama 1994, quando Romeo Anconetani fallì, ma poteva anche essere salvato, come recita un articolo del 2008. Da quel momento è iniziata una parabola drammatica per i colori nerazzurri, prima ripartendo da Eccellenza e Serie D, poi vivacchiando per anni e anni in Serie C. La ripartenza con Gerbi e Posarelli, la grande illusione con l’eclettico Maurizio Mian, l’altalena di emozioni di Leonardo Covarelli che lasciò Pisa perché “Perugia è Perugia”, i bond brasiliani di Pomponi che vennero proposti per coprire i debiti con bancarottieri e truffatori dietro obbligazioni senza valore. Una nuova ripartenza e anni di anonimato con la presidenza Battini, prima a braccetto con Piero Camilli, poi in solitaria. Lo spettro di un nuovo fallimento, l’arrivo di Fabrizio Lucchesi, poi di Petroni. “Con Terravision ci siamo annusati e piaciuti subito” – disse Lucchesi all’arrivo di Petroni, il resto è storia nota, con un anno travagliato dopo la promozione in B del 2015/2016 e il salvataggio della società da parte della famiglia Corrado. Troppe poche gioie comunque in mezzo a un mare di “mai una gioia“. Anni devastanti che alimentarono il mito negativo di una “estate del pisano“.
IL PRESENTE E IL FUTURO DEL LIVORNO – Oggi però il palcoscenico è cambiato. A Pisa è tornato il sereno con una società solida, ma questa volta tocca al Livorno guardare il baratro. Spinelli è arrivato ormai al capolinea, incapace di riuscire a portare avanti il progetto sportivo e societario. Sportivamente il fondo è già stato toccato, con il record assoluto di 27 sconfitte in Serie B e aver svincolato 10 giocatori prima della fine della stagione. Un anno in cui tante sono state le dichiarazioni fuori luogo del presidente livornese, alcune ai limiti della decenza. La società poi è stata messa in vendita, o meglio lo è sempre stata e non sono tardati ad arrivare i soliti avvoltoi. Prima la trattativa da parte dell’imprenditore di origini libanesi che aveva chiuso con il patron del Livorno con le firme programmate all’inizio di marzo, poi l’arresto di Yousif in Olanda, secondo gli inquirenti perché l’attività di car sharing Share ‘n go nascondeva affari sporchi. Arrivano poi le dichiarazioni dell’ex presidente del Pisa Maurizio Mian: “Mi piacerebbe fare qualcosa con il Livorno”. Poi l’intoppo surreale del bonifico a Spinelli da parte di Manuel Fernandez, uomo d’affari spagnolo da anni residente in Svizzera che vuole acquistare il Livorno. Perfino l’ex Amministratore Delegato del Trapani Maurizio De Simone, arrestato dalla Guardia di Finanza con l’accusa di aver rubato 200.000 euro dalle casse del club durante il suo operato. Inoltre, è stato denunciato per truffa ai danni dello Stato poiché percepiva il Reddito di Cittadinanza, si era interessato a comprare il Livorno. Comunque finirà la telenovela sul futuro della società amaranto, una cosa appare certa. La ruota della fortuna è girata.