Ospite in videochat dall’Ecuador, per la puntata numero 96 di Finestra Sull’Arena, l’ex allenatore del Pisa Mario Petrone, oggi al Deportivo Santa Rita, racconta la sua esperienza in Sudamerica. Con lui si è parlato anche del futuro del calcio italiano, del Pisa e della conclusione dei campionati, ma non solo.
Da cosa differisce la quarantena italiana da quella ecuadoregna?
“Qui è diverso, possiamo generalmente uscire di mattina, con poche attività aperte, per i generi di prima necessità, mentre il resto della giornata la dobbiamo passare in casa. Fortunatamente riesco a comprare i prodotti italiani, ci salva l’alimentazione. Per il resto è una full immersion. La sto facendo con il mio direttore sportivo, lavorando da casa, anche se manca il campo qui al Deportivo Santa Rita”.
Come squadra come avete affrontato la pandemia e a livello calcistico cosa pensi si dovrebbe fare in Italia, visto che c’è ancora uno stallo anche se sembra potersi muovere qualcosa?
“Ho un pensiero da mesi sulla pandemia. Da noi hanno sospeso il campionato il 15 marzo. Immediatamente abbiamo avuto un incontro col presidente, gli ho chiesto subito di isolare la squadra vivendo in gruppo, dato che non sapevamo quanto sarebbe durata la pandemia. Oggi chi dovesse riprendere l’attività dovrebbe fare un ritiro e isolare gli atleti, compresi anche tutti i coinvolti dello staff, riuscendo a chiudere i campionati tra Serie A e Serie B, altrimenti moltissime società potrebbero saltare. Lo stato deve mettere a disposizione anche delle strutture idonee. In Italia si è parlato già di questo e c’è già la soluzione. Probabilmente la settimana prossima la nostra federazione sospenderà il nostro campionato di apertura e faremo solo la clausura. Mi auguro che in Italia si riescano a finire i campionati”.
A tal proposito spiegaci la tua opinione
“I campionati vanno finiti. Non sono neanche d’accordo che le società non possano pagare quattro mesi di stipendio. Prendo a riferimento il presidente del Renate in Lega Pro, che non vuole decurtare gli stipendi perché i giocatori e gli addetti ai lavori sono vittime di questo sistema”.
Anche le società però sono vittime, come i calciatori…
“È vero anche le società sono vittime, ma uno presume anche che si facciano queste cose per passione, non per lucrarci sopra. In Italia però ci sono molte società che stanno male economicamente. In A si troverà una soluzione, nelle categorie più basse invece è un disastro. È lo stato che deve intervenire”.
Torniamo all’Ecuador. Ci chiedono dalla chat come sono i calciatori ecuadoregni, anche dal punto di vista della professionalità.
“Questa domanda me la sono posta per anni prima di venire in Sudamerica. Io sono venuto qui come esperienza professionale, visto che avevo allenato tanti sudamericani in carriera, chiedendomi il talento da dove nasce. Vivendo il posto ci si rende conto della fame che hanno questi ragazzi ad uscire fuori dal Sudamerica, qui si vive alla giornata. In Ecuador l’80% vive cercando di mangiare. Cose del genere in Italia si vedevano solo nel dopo guerra. Lo spirito che ho ritrovato qua è quello che mi ha fatto iniziare la carriera da giocatore e da allenatore. Vi racconto una immagine. C’è una stradina dove i ragazzi qui vicino hanno dipinto le righe del campo. Hanno messo delle porte e se vogliono giocare non esiste polizia, si mettono e giocano. Mi ricorda quando mettevamo i giacchetti per fare le porte, qui sono organizzatissimi. Qui c’è l’eterno uno contro uno sulla strada, in Italia questo si è perso”.
Ritorniamo in Italia. Come sarà il mercato?
“La prima cosa è fare pochi cambi dal punto di vista del mercato, a parte il problema dei prestiti o dei riscatti, è giusto che le squadre cambino poco. Per me meno toccano le società di calcio gli organici meglio è, a parte quando proprio è fallito il progetto tecnico. Mi aspetto, se ci sarà poca distanza tra una stagione e l’altra, un mercato di scambi, tranne chi potrà o dovrà fare di più”.
Per gli allenamenti?
“Al momento della ripresa bisognerà necessariamente fare 15 giorni di allenamenti atletici, poi impostare la preparazione per chiudere il torneo. Inoltre dato il regime fisico ottimale da una stagione all’altra, non credo che oggi lo staff tecnico o il giocatore possa o voglia fare vacanze, adesso è importante dare continuità il proprio lavoro, sarà un anno intenso e di sacrifici e sarà ricordato così, con la speranza che la salute assista tutti. Sperando che la cura e il vaccino arrivino quanto prima. Dobbiamo adattarci alla situazione”.
Cosa ne pensi dell’interessamento della Spal, ma anche di altre società nei confronti di Gemmi?
“Io ho avuto modo di parlare con il direttore prima che arrivasse D’Angelo, aveva impostato il lavoro ritoccando il reparto offensivo di quella squadra e sostituendo chi non ci sarebbe stato l’anno successivo in difesa. Aveva le idee chiare. Mi auguro possa continuare il progetto a Pisa, sta lavorando bene e si deve cercare di dare continuità al progetto. Sarà una scelta ponderata da fare quella sul suo futuro. Credo Gemmi possa continuare a fare un buon lavoro a Pisa. Giusto che ci sia un ciclo, per lasciare qualcosa dal punto di vista progettuale alla società che ti ha dato fiducia, lavorando in un ambiente 2-3-4 o 5 anni. A Pisa ci sono tutti i presupposti, poi dipenderà anche dalle ambizioni anche personali”.
In Germania si stanno attrezzando per riprendere il calcio con i cartonati dei tifosi sugli spalti, mentre per tanto tempo saremo costretti a vedere il calcio a porte chiuse.
“Fare una partita di calcio senza i tifosi è un danno per tutto il sistema calcistico, per società, calciatori e tifosi stessi. Questa è una situazione particolare però, ma di conseguenza dobbiamo farcene una ragione. Anche per il mio Deportivo Santa Rita è un danno, stanno anche studiando delle iniziative a livello di diritti tv per cercare di venire incontro alle società”.
Un saluto dall’Ecuador?
“Saluto tutti e spero che il Pisa possa concludere la stagione con una salvezza e continuare sul bel percorso che sta facendo. Vi seguo sempre con grande affetto”.