Il ritratto della stagione neroazzurra della Serie C 2017/2018 tra valutazioni tecniche, tattiche, di costruzione della rosa, caratteriali e dirigenziali. Una lunga analisi attraverso diversi temi caldi di un anno di calcio. Tra cosa non ha funzionato e come ripartire. In chiusura una breve riflessione anche su temi extracalcistici.
Da dove cominciare per analizzare la stagione 2017/2018 del Pisa? È giusto cominciare dalla fine, perché l’ultima partita del Pisa è l’emblema di tutto il campionato neroazzurro. L’eliminazione dai playoff al primo turno nazionale, di fatto un ottavo di finale, sotto gli occhi del proprio pubblico e con due sconfitte in due partite è il peggior risultato ai playoff di Serie C nella storia delle partecipazioni neroazzurre. Altre volte era capitato di essere eliminati al primo turno e sotto gli occhi del proprio pubblico, basti citare ad esempio la stagione 1999/2000 quando il Brescello con Max Vieri ci purgò all’88’ della semifinale di ritorno di fronte a 11000 persone incredule, ma mai era capitato con una squadra che avesse dei limiti tecnici e caratteriali così evidenti.
GLI ATTRIBUTI MANCATI E LE POSSIBILITA’ SFUMATE – Diciamoci la verità, questa squadra gli attributi per fare qualcosa di importante, nel suo dna, non li ha mai avuti. Troppi sono stati i test, le verifiche sul campo e le possibilità per dimostrare il proprio valore o invertire la tendenza, tutti regolarmente falliti. Questo fin dalla prima partita della stagione contro l’Olbia, quando dirigenza e giocatori si sono scontrati in maniera traumatica con la realtà di questo campionato, in cui non conta specchiarsi o praticare il bel gioco, ma portare a casa il risultato. Questo Pisa è stato come Dr. Jekyll e Mr. Hide, ma più dai lati negativi che da quelli positivi. A volte granitico in difesa, con diverse partite consecutive dalla porta inviolata, altre volte con schemi e concentrazione saltata in gare pazze, basti ricordare Pisa-Pistoiese 3-3, Carrarese-Pisa 2-3, la sconfitta casalinga contro l’Arezzo per 2-3, il 4-2 fuori casa alla Giana Erminio o l’emozionante 3-2 casalingo contro il Piacenza. Il Pisa è stato più quello visto sconfitto contro le squadre di bassa classifica, rianimate più volte nel corso della stagione quando bisognava finirle o umiliarle, invece di quello visto contro il Pontedera vittorioso per 4-0. Ogni volta che bisognava fare il salto di qualità o dare continuità al lavoro della settimana la squadra falliva l’appuntamento. Sarebbe comunque bastato poco per vincere un campionato davvero povero di contenuti, vinto dal Livorno battuto dal Padova 5-1 in Supercoppa e in cui sono state eliminate quasi tutte le squadre del girone ai playoff, a dimostrazione della pochezza tecnica di questo girone.
L’ALLESTIMENTO DELLA ROSA – L’intento iniziare, nella costruzione della squadra, era quello di mettere su un parco giocatori che potesse praticare il bel gioco, schierando un 4-3-3 offensivo e propositivo. Nel corso dell’anno non si è visto niente di tutto questo. Alla fine del mercato estivo eravamo tutti convinti che fosse stata messa su una squadra importante, mettendo a paragone i giocatori a disposizione del Pisa rispetto a quelli delle altre squadre e la lunghezza della rosa. Di fatto sulla carta c’erano diversi elementi di qualità e dall’esperienza anche in categorie superiori o dalle buone potenzialità: ad esempio Mannini, Lisuzzo, Gucher, Masucci, Negro, Di Quinzio o De Vitis. Purtroppo nonostante alcuni giocatori sulla carta di valore e una rosa molto lunga, apparivano fin dall’inizio alcuni dubbi circoscritti in posizioni chiave del campo. Vediamo quali, ruolo per ruolo.
PORTIERI – Cominciamo dal portiere, con la dirigenza che ha scelto di affidarsi a due giovani come Petkovic e Voltolini, senza puntare su un elemento d’esperienza. Purtroppo questa scelta si è rivelata, a conti fatti errata, perché i due estremi difensori nonostante le molte potenzialità non hanno mostrato un rendimento continuo, alternando ottime prestazioni tra i pali a errori grossolani che a volte hanno anche compromesso il risultato.
DIFENSORI – Anche in difesa si è deciso di puntare più sui giovani che sull’esperienza, insieme ad un altro vero grosso problema, la mancanza di terzini. Alla fine del calciomercato estivo infatti solamente Birindelli e Filippini erano di ruolo, mentre sono stati riadattati a forza come terzini Mannini, Favale e Zammarini. Gli ultimi due sono poi stati sostituiti da Cagnano e Setola, ma nessun allenatore ha mai veramente creduto alle loro qualità e i due nuovi arrivi di gennaio hanno fatto praticamente solo panchina. A questo si unisce la poca integrità fisica di Birindelli, che comunque nella parte finale del campionato ha risolto questo problema e un Filippini spremuto fino all’osso, costretto a giocare praticamente tutte le partite a disposizione per mancanza di alternative nel suo ruolo. Tra i centrali non dimentichiamo la vicenda di Carillo che, dal suo caso di difficile analisi, tra mala gestione del ragazzo e della vicenda in sé, oltre al mal di pancia di procuratore e giocatore, ha di fatto lasciato a tre effettivi il numero dei centrali a disposizione in un momento fondamentale del campionato, lasciando al solo Ingrosso, infortunato sul più bello, Lisuzzo, costretto a giocare con le infiltrazioni nell’ultima parte della stagione o a Sabotic, inizialmente oggetto del mistero, ma nel finale in crescendo, anche grazie ai problemi fisici dei compagni di reparto, il compito di guidare la difesa.
CENTROCAMPISTI E ATTACCANTI – Ci sono poi giocatori di cui i vari allenatori non hanno saputo cosa fare nel corso della stagione. Parliamo di Zammarini ad esempio, arrivato a Pisa come migliore prospetto della Serie C, ma mai schierato da Gautieri o Pazienza e costretto a fare la valige a gennaio, dopo aver giocato spesso da terzino, di certo non il suo ruolo. Oppure Mannini che ha giocato ripetutamente sempre come terzino, tanto che in conferenza stampa è diventata quasi una barzelletta nel corso della stagione chiedere ai vari allenatori quale fosse il suo ruolo in campo. La società poi ha voluto fare tabula rasa della scorsa stagione, cedendo in blocco o mandando addirittura in prestito elementi che avrebbero fatto molto comodo come Verna, Polverini, Cardelli, Di Tacchio o Varela. In avanti sono troppi i doppioni nelle corsie esterne con Di Quinzio, Giannone, Maza, Mannini, Lisi e a volte nei primi tempi con Gautieri anche Negro e Masucci (riadattati esterni) con ben sei giocatori o più per due maglie. In mezzo al campo invece solo lenti palleggiatori come Gucher, Maltese, Izzillo e De Vitis, ma nessun giocatore di corsa e polmoni che facesse interdizione o corresse a fianco di un portatore di palla. Discorso a parte per l’attacco con le punte poco rifornite da dietro o giocatori che si sono dimostrati un autentico flop. Negro, arrivato statistiche alla mano come un bomber da 20 reti, ha prodotto la miseria di 7 gol in 32 partite. Eusepi, ingiustamente rinnovato fino al 2021, ha dimostrato di non essere un giocatore da Pisa. Il “Re” così come è stato spesso chiamato dagli affezionati, è ormai deposto e vive di rendita fin dal gol segnato nella finale di Foggia, ma di fatto non ha mai avuto le qualità per potersi imporre. Eusepi infatti non va in doppia cifra da tre campionati con la imbarazzante media nelle ultime stagioni di 6 gol all’anno. Troppo poco per un giocatore che reagiva stizzito alle critiche ricevute più volte attraverso i propri canali social, ma che alla prova del campo ha sempre fallito. Imbarazzante anche il rendimento di Alexis Ferrante, arrivato come l’attaccante che mancava nel mercato di gennaio, ma di fatto rivelatosi addirittura peggio del Manaj della scorsa stagione, si è fermato a quota 0 gol in 11 presenze dimostrandosi inutile sotto ogni aspetto. Il migliore, paradossalmente, è stato Masucci, che comunque si è fermato a quota 6 gol fatti, ma non è una prima punta. 33 anni compiuti, soprannominato il Mertens della categoria a inizio campionato dalla dirigenza, paga anche le scelte sbagliate del suo procuratore, venendo risucchiato nel giro di quattro anni dalla Serie A col Sassuolo alla Serie C col Pisa, ma non ha mai dimostrato nemmeno lui quel qualcosa in più che serviva alla squadra.
GLI ALLENATORI – Se ben tre allenatori nel corso della stagione non sono riusciti a trasformare un gruppo di calciatori e a farli diventare squadra non è colpa del manico. La gestione degli allenatori e degli esoneri è stata molto problematica. Su questo specifico tema è possibile tracciare un disegno preciso solo adesso, a stagione terminata, in cui anche alcune scelte acquistano un significato diverso rispetto al momento in cui sono avvenute nel corso dell’anno. Parliamo di Carmine Gautieri, ad esempio. Quando tutti, tra giornalisti, tifosi e dirigenti erano convinti che questa squadra potesse fare di più, ci siamo scagliati nei confronti di Gautieri. Forse oggi, dopo un esonero avvenuto in Coppa Italia di Serie C, una sola sconfitta e 8 risultati utili consecutivi in campionato la scelta a conti fatti si è rivelata sbagliata. Chi scrive questo articolo è anche uno dei primi detrattori dello stesso Gautieri. Perché chi è arrivato dopo ha fatto solo peggio. Pazienza non è riuscito ad avere una qualche idea precisa di gioco da trasmettere alla squadra, murandosi dietro una presuntuosa filosofia di occupazione degli spazi che stava meglio in bocca alle parole di Mourinho rispetto all’esordiente allenatore del Pisa. In fin dei conti colui che ha rovinato la stagione del Pisa in panchina è stato proprio Pazienza.
Anche se di Mario Petrone, in fin dei conti, non si può essere soddisfatti, ma non del tutto per colpa sua. L’ultimo allenatore dei neroazzurri infatti è comunque quello che ha meno colpe, ma in 7 partite sulla panchina del Pisa ha collezionato 4 sconfitte, rivelandosi, spettro statistico alla mano, quello dai peggiori risultati. Petrone è arrivato per tentare di dare un’ultima sterzata alla squadra, ma ormai l’ambiente era compromesso. Stonano le ultime due conferenze stampa del mister, la prima in cui se l’è presa con un tifoso perché reo di aver destabilizzato l’ambiente, la seconda parlando di sconfitta immeritata nella sfida di ieri. Due uscite molto discutibili per diversi motivi. Soprattutto la prima perché un gruppo di calciatori deve essere superiore alle critiche o alle dicerie divulgate da un signor nessuno, perché se un calciatore professionista si fa condizionare da tali parole di qualcuno che non fa parte direttamente dell’ambiente, probabilmente ha sbagliato mestiere. L’allenatore inoltre ha sbagliato a prendersela con il tifoso così come Gattuso, quando era sulla panchina del Pisa, aveva sbagliato ad attaccare un panettiere in conferenza stampa. Le critiche dei tifosi vanno ascoltate in gruppo, nelle parole di una curva, nei fischi allo stadio, ma quando si valica la linea del pettegolezzo, dello sfogo sui social e della chiacchiera da bar allora il peso specifico cambia profondamente. Saremmo comunque stati curiosi di vedere in panchina dall’inizio dell’anno Petrone, magari con qualche elemento della rosa diverso, oppure di vedere Gautieri fino al termine del campionato. Ma questa gestione problematica, anche per quanto riguarda le scelte in panchina, è figlia dell’aver sopravvalutato la rosa a disposizione che ha tradito la fiducia che la dirigenza aveva riposto in loro per tutto l’anno.
LA DIRIGENZA – Molto importante fare un discorso a parte sulla dirigenza. Nessuno discute il valore dirigenziale del presidente Giuseppe Corrado e dei soci che hanno investito nel progetto Pisa. Anche del progetto in sé non si discute, così come di tutto ciò che riguarda situazioni esterne al campo, come il marketing o lo stadio. Da questo punto di vista non si può rimanere certo insoddisfatti. Si rimane insoddisfatti purtroppo di quella che è stata la gestione tecnica, a partire dal direttore sportivo Raffaele Ferrara. A conti fatti, il direttore senza patentino, così come chi lo ha guidato nel corso dell’anno, è uno dei maggiori responsabili di tutti i problemi citati fino a questo momento. A partire dai giocatori che hanno fatto parte della rosa dalla Reggiana, in fin dei conti scarti di una squadra che oggi ha passato il turno dei playoff contrariamente al Pisa e si giocherà fino alla fine la promozione in B. La proprietà del Pisa, comunque sia, è nuova al calcio e deve essere in diritto di poter compiere i propri errori per poi spiccare il volo e correggere le problematiche emerse. Ieri sera il presidente Giuseppe Corrado, dopo la partita del Pisa, non ha parlato. Ha parlato invece Giovanni Corrado che, comunque sia, ha tratteggiato fedelmente quello che è stato il percorso del Pisa di quest’anno, suonando come un passo indietro rispetto ad altre dichiarazioni che avevano visto i dirigenti protagonisti durante la stagione. È stata annunciata una conferenza stampa prevista per i prossimi giorni, per ragionare a mente lucida e fredda. Di sicuro una cosa ci aspettiamo e speriamo che accada nel corso di quella conferenza stampa: le scuse da parte della società alla tifoseria, perché quando si falliscono gli obiettivi di inizio stagione è giusto cospargersi il capo di cenere e avere l’umiltà di riconoscere di avere sbagliato e di avere sovrastimato il parco giocatori a disposizione e le scelte fatte. Bisogna però anche provare a mettersi nei panni di chi ha rilasciato alcune dichiarazioni suonate discutibili all’orecchio dei più nel corso dell’anno, come la fiducia mal riposta nei giocatori e negli allenatori con la strenua difesa delle proprie scelte o gli sfoghi nei confronti di giornalisti e tifosi nelle conferenze stampa tanto del presidente Giuseppe Corrado (riferito a Pazienza: “se qualcuno non vuole questo tecnico vada a vedere il Livorno o qualche altra squadra”) quanto di Giovanni (“la piazza non ha contribuito a far lavorare bene Pazienza “). Mettendoci nei panni dei Corrado arriviamo a capire i perché di questi sfoghi (senza ovviamente condividerli in alcun modo), dato che sono stimati personaggi che hanno ottenuto numerose vittorie in campo imprenditoriale e non è facile riuscire a gestire quella che forse è la loro prima vera sconfitta in questa “carriera”. Il calcio però si sa, è un’altra cosa, ma comunque riesce a dare a tutti delle seconde possibilità. Niente è mai veramente perduto. La sconfitta di oggi può essere la vittoria di domani. Quindi l’obiettivo dev’essere migliorare la comunicazione, migliorare il progetto sportivo, con “umiltà” come parola d’ordine, affidandosi a dirigenti di categoria, anche a costo di fare alcuni passi indietro a livello dirigenziale, magari anche sporcandosi le mani con quella che è la realtà del calcio, che poco spazio lascia, soprattutto in categorie più basse a persone per bene, ma a squali che se ne hanno l’occasione non lasciano scampo e si approfittano dei più danarosi.
E ORA? – Ci sono diverse cose da considerare adesso che la stagione è terminata. Quando si esce così male dai giochi, con tutte le critiche piovute a questi giocatori, ripartire è molto difficile. Occorre cercare di farlo prendendo in considerazione anche scelte molto dolorose. La squadra va ristrutturata per almeno una buona metà dei suoi effettivi se non di più. Non è comunque una cosa facile poiché i contratti dei calciatori a disposizione sono molto lunghi e in ruoli chiave, vedi alla voce Eusepi 2021. Inoltre non c’è una “vecchia guardia” dalla quale ripartire. Duole dirlo, moltissimo, ma anche Lisuzzo e Mannini hanno fatto il loro tempo. Troppi i problemi di integrità fisica di questi due elementi. Se per loro il cuore non si discute, purtroppo all’anagrafe il conto è salato. I due comunque potrebbero restare poiché il prossimo anno sarebbero considerati ancora giocatori bandiera, prezioso parametro in un campionato in cui bisogna limare le caselle over il più possibile, ma dovranno mettersi nelle condizioni mentali di capire entrambi che non potranno essere titolari inamovibili, sia per un discorso di età, sia di integrità fisica. Servono anche giocatori di categoria, dei “criminali e fabbri” alla Braglia 2006/2007. Insomma i nodi da sciogliere sono molti, anche su quello allenatore, ed è giusto che la dirigenza si sia presa qualche giorno prima di poter parlare. Ma è chiaro che adesso non si potrà più sbagliare perché l’ambiente rispetta le scelte, ma i tifosi non hanno giustamente pazienza in eterno.
“BUBBOLATORI, GATTUSIANI E CORRADIANI” – Mi si permetta di chiudere con un discorso che tenevo nel cassetto da tempo. Di solito in un ambiente calcistico sono i tifosi di una curva quelli da prendere a riferimento. Anche a Pisa questa componente non è diversa, infatti la Curva Nord, con i suoi comunicati, con i suoi striscioni, le sue battaglie e il tifo quest’anno è stata un esempio virtuoso. Molti avrebbero tanto da imparare a livello di coerenza e mentalità. Purtroppo però a livello ambientale negli ultimi due anni abbiamo assistito a un fenomeno che non dovrebbe nemmeno essere considerato se si parla di una squadra di calcio, quello dei bubbolatori. L’ex presidente Battini li chiamava “vipere”, ma il concetto è sempre lo stesso. Si tratta di quelli che criticano sempre e comunque e a cui non va bene mai niente, spesso con teorie complottiste e cospirazioniste a suffragio delle loro tesi. Questo fenomeno ha assunto un nuovo significato quest’anno. In uno dei miei molti discorsi di confronto con i colleghi giornalisti, alla fine della scorsa stagione dissi: “il prossimo anno non sarà facile per nessun allenatore, sarà costantemente messo a confronto con Gattuso e questo potrebbe dar luogo a diverse problematiche anche perché tanti quest’anno sono stati zitti e non perdoneranno più niente a nessuno”. Purtroppo avevo ragione. Lo spettro di Gattuso ha aleggiato sulla piazza, su leoni da tastiera e bubbolatori per tutta la stagione e, se vogliamo, anche la dirigenza neroazzurra ci ha messo del suo parzialmente. Non è un segreto, infatti, che il presidente Corrado si sia lasciato malissimo dall’ex allenatore del Pisa. Fin dal comunicato in cui il Pisa attaccava la dirigenza del Milan la scorsa estate, ogni volta che ne ha avuto occasione il presidente in conferenza stampa ha sempre attaccato l’attuale allenatore del Milan, arrivando anche a dire “con Pazienza l’anno scorso ci saremmo salvati”. Questo, unito alla nostalgia per il carattere del mister e del personaggio, oltre al fatto che Gattuso aveva avvicinato nuovi tifosi occasionali che magari oggi tifano Pisa grazie a lui, non ha aiutato. Si è creato un inspiegabile dualismo che non ha mai avuto il minimo senso ed è stato solo un danno. Allo stadio, sui social o negli ambienti di discussione da stadio, si è creato il partito dei “gattusiani” e il partito dei “corradiani”. Ogni volta che Gattuso otteneva successi col Milan la dirigenza del Pisa veniva attaccata e viceversa ai fallimenti del primo e ai successi dei secondi si assisteva al fenomeno inverso. Quella di oggi non è la rivincita dei bubbolatori, ma è la sconfitta di tutti, perciò dev’essere la fine di questi inutili dualismi, lasciando spazio a critiche lucide e mettendo da parte l’inutile livore che contraddistingue questi personaggi. Questa storia deve finire, perché oggi continuare a mettere a paragone la gestione Corrado e i futuri allenatori del Pisa con la gestione Gattuso può essere solo un danno per il futuro del Pisa. Questo vale per tutti, siano essi giornalisti, leoni da tastiera e dirigenti. Rimanere imprigionati in un mito, come anche quello del passato storico del Pisa della serie A, impedisce di guardare lucidamente al presente e al futuro e di mantenere un ambiente compatto che invece dovrebbe concentrarsi sui propri colori e solo su quelli. Come sempre l’esempio è quello dei tifosi veri che sono superiori a questi inutili dualismi.