La storia di Cesare Pavese, un uomo, uno scrittore, un intellettuale che nella sua breve vita è riuscito a creare un mondo letterario e culturale che ha segnato la seconda metà del Novecento italiano. Il mestiere di vivere di Giovanna Gagliardo è in programma al Cineclub Arsenale di Pisa martedì 21 gennaio, alle ore 20,30; sarà presentato al pubblico dalla regista e da Alessandro Fiorillo, docente di Letteratura italiana contemporanea dell’Università di Pisa.
È l’ultimo, frenetico giorno di vita di Cesare Pavese. Si aggira per la città deserta, cerca amici che non trova, scrive, telefona. La domenica sera mette fine alla sua vita. Al centro della storia il poeta che appena ventenne scopre la poesia narrativa, per poi cimentarsi nel romanzo breve, portare in Italia la letteratura americana e contribuire infine alla nascita della Casa Editrice Einaudi.
“Sono nata in Piemonte, cresciuta a Torino, da più di quarant’anni vivo a Roma. Pavese, certo, l’ho incrociato nella mia adolescenza torinese e non solo”, afferma Giovanna Gagliardo. “Ovviamente l’ho amato, l’ho letto. Ho imparato a memoria molte delle sue poesie. L’ho messo tra i ricordi di quel fruttuoso passato vissuto nella Torino irripetibile degli anni Sessanta. Ritrovarlo e rileggerlo oggi, a distanza di tanti anni, è stata per me una vera e propria folgorazione. Prendi in mano i suoi romanzi, le sue poesie, soprattutto i suoi diari e già dalle prime righe capisci che ti sta parlando del “presente”. Non del suo presente, ma del “nostro.” Mette in scena la complessità degli eventi e ti fa capire che non hai scampo. Ti costringe a non cercare risposte semplici, ti sbarra la strada se provi a schierarti. Ti mette alla prova. Lui non spiega, non suggerisce, non cerca la tua approvazione. Quel Pavese che ricordiamo frettolosamente come il poeta infelice, suicida per amore, probabilmente è molto di più. Forse è l’intellettuale scomodo che oggi ci manca, l’antipatico mai compiacente che ti complica la giornata, il magnifico compagno di viaggio che – nelle colline di Santo Stefano Belbo – ti fa intravedere il mare azzurro di Itaca. Ho lasciato un Pavese che credevo locale e generazionale, ho ritrovato uno scrittore con il respiro dei “classici”.