Trent’anni e più sono una vita intera. Un arco di tempo in cui generazioni di tifosi hanno sognato, sofferto, gioito, e a volte si sono disperate, ma mai hanno smesso di amare quei colori nerazzurri che rappresentano l’anima di una città. Il Pisa di Inzaghi, in queste prime 19 partite di campionato, ha il sapore dell’umiltà e della rivincita. Questa squadra incarna i valori di un calcio popolare fatto di lavoro e dedizione, simbolo di identità, passione e resilienza.
Il cammino è ancora lungo, ma la vittoria col Sassuolo è servita per riportare il nome della città sotto i riflettori nazionali. Con un sogno e un obiettivo, vedere di nuovo i riflettori dell’Arena Garibaldi accendersi per sfide leggendarie contro le squadre blasonate. Inzaghi e questi ragazzi vogliono regalare ai tifosi ciò che aspettano da troppo tempo: la possibilità di vivere quelle notti che molti raccontano ai propri figli, quelle che per tanti sono ormai solo ricordi o semplici filmati per chi non li ha potuti vivere, ma che restano vividi e preziosi.
In questa storia fatta di sangue, fallimenti e tanti momenti tristi, l’ultimo dei quali due anni e mezzo fa, tutti hanno una loro parte. I giocatori che ci hanno provato, quelli che hanno creduto nel sogno e quelli che non ce l’hanno fatta. Gli allenatori che hanno lasciato un segno, i dirigenti che hanno costruito con passione e visione, e i tifosi che, anno dopo anno, hanno riempito gli spalti, anche nei momenti più bui. Questa promozione sarebbe per chi ha resistito, per chi ha lottato nonostante tutto, ma anche per chi si è perso per strada. Per chi ha fatto ripartire due volte il Pisa dalla Serie D.
Ci stiamo tutti credendo e questo successo lo chiedono sia le vecchie, sia le nuove generazioni, che potrebbero finalmente vivere in prima persona ciò che i più grandi raccontano con gli occhi lucidi: il Pisa di Anconetani, le imprese storiche, i campioni che hanno calcato l’Arena Garibaldi. Sarebbe la vittoria di un’intera comunità, un ponte che collega passato e futuro, una promessa mantenuta per chi non ha mai smesso di credere.
Occorre però ancora lavorare, ma oggi finalmente ci sono le migliori condizioni per quello che questo gruppo straordinario è riuscito a costruire in così pochi mesi, un legame indissolubile tra la squadra e la sua gente. Perché questo Pisa è molto più che una squadra di calcio, è emozione, sacrificio, memoria e speranza.