Il caso Desogus, chiuso ieri con la sentenza definitiva del Coni, che ha confermato la vittoria 3-0 a tavolino per i nerazzurri, solleva questioni che vanno oltre l’aspetto strettamente sportivo. Siamo professionisti o dilettanti?
In questo contesto, una riflessione si impone: le regole esistono per essere rispettate, non interpretate a piacimento. È difficile comprendere come si possa cercare di giustificare un errore regolamentare così evidente con argomentazioni che sembrano minimizzarlo, relegandolo a una semplice “ragazzata” Le norme, sia nel calcio che nella società, sono il baluardo dello sport e senza, si rischia di alimentare un pericoloso precedente: quello in cui il rispetto delle regole diventa opzionale. È un principio che vale tanto per i cittadini quanto per le istituzioni, sportive o meno.
Una vittoria del Cittadella era impossibile, sia al Coni, sia nei precedenti gradi di giudizio e avrebbe posto le basi per un cambio sostanziale del regolamento calcistico, aprendo la porta a interpretazioni più flessibili sulle note gara e sulle modalità di gestione delle liste. Una scelta del genere, passata al Coni, avrebbe avuto ricadute anche su altri sport di squadra come pallavolo e basket, mettendo in discussione principi organizzativi fondamentali.
Non si può poi evitare di commentare le dichiarazioni del direttore generale del Cittadella, Stefano Marchetti con un ridicolo attacco al presidente Corrado: “Quello che non accetto e che mi ha ferito moltissimo è l’antisportività dimostrata dal presidente Corrado. Si è comportato in un modo che non avevo mai visto prima. Questo atteggiamento mi ha dato veramente fastidio e non accetto che siamo stati equiparati a società che fanno giocare atleti squalificati o dopati”. Marchetti inoltre ha definito la propria società “un modello difficile da imitare”. Un’affermazione che stride con il contesto della vicenda, in cui l’errore del team manager – pur non intenzionale – ha messo in discussione un principio regolamentare fondamentale. Che senso ha evocare il “modello Cittadella” in un caso che riguarda il rispetto delle regole? Un modello, per essere tale, dovrebbe innanzitutto fondarsi sulla trasparenza e sulla correttezza, non sul tentativo di minimizzare un errore per ottenere un vantaggio a posteriori. Bisogna semplicemente imparare a perdere, a rispettare le regole. Questo impone uno sport professionistico. Altrimenti non si può parlare di professionismo.