Dalla rivoluzione estiva a un lungo casting, passando per illusioni, delusioni, frustrazioni, ma ben poche emozioni. Il Pisa 2023-24 si scopre gigante dai piedi di argilla. Una rosa lunga, un impianto dai nomi importanti, tanti soldi investiti, ma senza riuscire a trovare un’identità. Problematiche mentali, caratteriali e tanti limiti, anche tecnici, hanno prodotto un tredicesimo posto che peggiora non solo il dato dello scorso campionato, ma che porta, con 46 punti, alla peggiore stagione in Serie B da quando i nerazzurri sono tornati in Cadetteria nel 2019. Aquilani, arrivato per un progetto biennale, ha fallito nel suo obiettivo di cambiare mentalità alla squadra, figlia di problemi mentali incancreniti da due anni. Una stagione di transizione con qualche guizzo, ma troppi eccessi di mediocrità. La permanenza in B è l’unica buona notizia, ma non può essere motivo di soddisfazione. Ecco l’analisi di questo lungo, ma dimenticabile campionato che lascia spazio a tante domande.
I CAMBIAMENTI, IL CASTING E LA PARENTESI KOLAROV – La stagione inizia dall’addio di Luca D’Angelo e di Claudio Chiellini. Il primo, dopo essere entrato nella storia del Pisa, stavolta lascia definitivamente e, pochi mesi dopo, si accaserà allo Spezia. Il secondo invece fa ritorno alla Juventus, nello stesso ruolo dove operava prima di arrivare a Pisa. L’intero progetto tecnico è da rifare ed è affidato al direttore generale Giovanni Corrado che vuole mettere in piedi un progetto biennale, di pari passo con il suo contratto, in scadenza nel giugno 2025. Inizia un lunghissimo casting per il direttore sportivo e l’allenatore. Il casting per il diesse è già iniziato da settimane prima dell’addio ufficiale di Chiellini. Dopo tante consultazioni, si giocano il posto Luciano Zavagno, Carlalberto Ludi del Como e Aleksandar Kolarov, che aveva conosciuto al corso di direttore sportivo Daniele Freggia a Coverciano. Viene scelto proprio lui per lavorare nel Pisa. Di un mese di lavoro resta solo la foto pubblicata a La Nazione, nel momento in cui accompagna il nuovo allenatore Alberto Aquilani in sede, il 29 giugno. Proprio per la scelta del tecnico c’è una lunghissima selezione che porta a una ristretta rosa di cinque nomi, tra cui Andrea Pirlo, Eusebio Di Francesco, Daniele De Rossi, ma anche Massimiliano Alvini. Qualcosa però si rompe nel frattempo. Kolarov si dimette per divergenze sulle metodologie di lavoro. Una notizia che appare come un fulmine a ciel sereno, la cui ricostruzione della vicenda è ricca di particolari (a questo link). Così il Pisa deve trovare un altro diesse e la scelta ricade su Stefano Stefanelli che batte la concorrenza di Moreno Zebi, divenendo così nuovo direttore sportivo.
IL MERCATO ESTIVO – Il mercato del Pisa è lungo, ma anche un po’ tardivo nella sua declinazione. Al termine della sessione i nerazzurri avranno compiuto oltre 50 operazioni di mercato in entrata, in uscita e in rientro dai prestiti. Vengono riassorbiti in rosa Loria, Leverbe, Canestrelli, Piccinini e Jureskin, arrivano Arena, Barbieri, Esteves, Miguel Veloso, D’Alessandro, Barberis, Valoti, Campani e Mlakar, oltre a Vignato, dopo l’infortunio di Tramoni, di cui parleremo più avanti. Per il francese Leverbe si tratta di un’altra chance dopo un disastroso anno 2022-23, naufragato con il Benevento in Serie C, per Canestrelli un rientro importante, per un giocatore che si rivelerà una delle poche note liete della stagione. Jureskin invece resta un oggetto del mistero senza infamia e senza lode, ceduto successivamente a gennaio, mentre Piccinini è finalmente pronto per la categoria. Arrivano anche i giovani Arena, a titolo definitivo dal Gubbio, Esteves, rilevato con una brillante operazione scontata con il Porto, quindi Valoti e D’Alessandro dal Monza, la sorpresa Miguel Veloso, uno che non ha bisogno di presentazione, svincolato, quindi le scommesse Barberis e Mlakar. Il primo vicino al ritiro dalla carriera, ma con la speranza di poter giocare una stagione positiva, con molti problemi di salute. Il secondo invece viene acquistato per la cifra monstre di 2,8 milioni di euro. Partono tanti giocatori. Ionita va in prestito al Lecco, Sibilli viene ceduto al Bari in diritto di riscatto, Rus va in prestito al Pafos, quindi Barba viene ceduto al Como a titolo definitivo, riscattandosi con un bello schiaffo morale e la promozione in Serie A dopo che, in estate, il Pisa aveva preferito altri nel suo ruolo. Anche Cisco viene ceduto a titolo definitivo al Sud Tirol, ma ironia della sorte, farà meglio di tutti piazzandosi, a fine stagione, anche davanti al Pisa in classifica, dopo un anno da semi-protagonista. Operazione importante è infine la cessione di Lucca all’Udinese in prestito con diritto di riscatto. A conti fatti la squadra, sulla carta, sembra un gruppo potenzialmente forte, con almeno 17 giocatori con un curriculum da playoff o da Serie A, vista la loro storia calcistica.
IL PISA DI AQUILANI, GENOVA, LA GRANDE ILLUSIONE – Nel ritiro di Rovetta, l’ultimo nella località del bergamasco, Aquilani fa sudare i propri giocatori. Quest’anno la società ha scelto di giocare con la costruzione dal basso, affidando un progetto tecnico che si propone, in sostanza, di poter dare un gioco alla squadra tale per cui si riesca, alla fine dei conti, ad arrivare in Serie A per restarci e giocarsela con squadre ben più blasonate. Aquilani, figlio della scuola De Zerbi, è un teorico di questo tipo di calcio. Uno dei cardini della manovra impostata da mister Aquilani è la costruzione dal basso, anche attraverso la ricerca di un fraseggio insistito lungo la linea difensiva, principalmente disposta a quattro, ma in alcuni casi il tecnico romano ha fatto ricorso anche a uno schieramento a tre, con l’intento di attrarre la pressione della formazione avversaria e liberare così spazi sulla mediana e sulla trequarti offensiva utili agli inserimenti dei propri calciatori. Si tratta di un principio mutuato da Roberto De Zerbi, maestro tattico di Aquilani, ma comune anche ad altri teorici della panchina come Fonseca o Spalletti, allenatore del centrocampista ai tempi della Roma. Dopo tanto sudore a Rovetta la squadra ha il suo primo test per la prima partita di campionato contro la Sampdoria, dopo una parentesi in Coppa Italia contro il Frosinone. Genova rappresenta la grande illusione, perché i doriani vengono ridotti a brandelli 2-0 con un pressing asfissiante e un gioco che, di primo acchito, illude tutti. Dai tifosi agli addetti ai lavori. Sembra il preludio di qualcosa di grande, invece la squadra farà vedere ben poco di ciò che potenzialmente aveva mostrato in quella serata di fine agosto, in tutto il resto del campionato.
INFORTUNI, TROPPI – Il mercato ufficialmente viene chiuso con una settimana di anticipo, ma l’equilibrio viene rotto da un gravissimo infortunio. Matteo Tramoni, eroe della serata di Genova contro la Sampdoria, si rompe il crociato. Resterà fuori 7-8 mesi, di fatto fino alle ultime partite della stagione. Un vero e proprio disastro che costringe Corrado e Stefanelli a correre ai ripari, ingaggiando Emanuel Vignato. Quest’ultimo, giovane e talento inespresso, a Pisa gioca col freno a mano. Problemi di testa e ansia ne limitano fortemente le capacità, tanto da impedirgli anche di tentare il più semplice dribbling, in passato suo marchio di fabbrica. Vignato sarà una delle più grandi delusioni della stagione, anonimo e impalpabile. Lascerà a gennaio dopo 6 mesi di assoluta mediocrità e inutilità. Gli infortuni però al termine della stagione saranno addirittura più di 50. Da un lato il Pisa è ampiamente sfortunato. Deve attendere Caracciolo, perde ben 7 volte Torregrossa, ma anche D’Alessandro. Gliozzi si opera in estate e resta fuori fino all’autunno, sfumando anche la sua cessione. Infortuni ai legamenti, più del normale, sui quali non ci si può fare nulla. Dall’altro però ci sono stati anche tanti infortuni muscolari, forse dovuti a un’eccessiva preparazione atletica da un lato, ma anche figli della storia clinica di alcuni giocatori ormai soggetti a questo tipo di problematiche. Torregrossa, Touré (alle prese da due anni con problemi di calcificazione alla gamba), Masucci, D’Alessandro, De Vitis, Calabresi, Barberis, ma non solo. Una decina di giocatori si ritrova molto spesso ferma. La sensazione è che la società avrebbe potuto limitare gli ingaggi di giocatori che, alla fine dei conti, negli ultimi anni sono arrivati con fatica a superare le 25 presenze stagionali. Insomma, sicuramente tanta sfortuna, ma ci sono giocatori che, anche per questo motivo, hanno fatto ormai il loro tempo a Pisa.
I TANTI PROBLEMI DEL PISA, GLI ALTI E BASSI – C’è però una sfilza di problemi che attanaglia, tecnicamente e tatticamente, ma anche mentalmente, la squadra di Aquilani. Un problema non allenabile è stato, senza dubbio, quello della mentalità di questa squadra. Il tecnico, giunto dalla Fiorentina Primavera, ce l’ha messa tutta a inculcare un certo tipo di mentalità vincente. Esperienza è arrivata anche da illustri calciatori come “il Professore” Miguel Veloso, e gli stessi D’Alessandro e Valoti, utilissimi nello spogliatoio. Purtroppo però determinati problemi mentali sono rimasti un’eredità degli ultimi anni, dopo la sconfitta col Monza di due anni fa. Crolli inspiegabili nei finali di partita e tanti gol subiti oltre il novantesimo, come ad emulare quasi il titolo di una nota trasmissione di una tv pisana, partite iniziate ad handicap. Dopo due anni però cadono le braccia a sentire sempre le solite giustificazioni sui problemi mentali di una squadra che dovrebbe avere fame di azzannare il campo, ma che invece si ritrova sempre e comunque mentalmente debole. Se però lo scorso anno il Pisa di D’Angelo, per larga parte del campionato, il carattere l’aveva mostrato, quello invece visto nella stagione 2023-24 è stata ben poca cosa, a tratti addirittura peggio, a singhiozzo. Solo in una occasione, ad esempio, il Pisa è riuscito a vincere più di una partita consecutiva, addirittura dopo un digiuno durato un anno intero. Nel girone d’andata pochi gol subiti e pochi fatti, nel ritorno invece tante reti fatte e tantissime subite, addirittura tali per cui i nerazzurri si ritrovano ad essere la terza peggior difesa del campionato con 54 reti. Tecnicamente alcuni giocatori si rivelano non all’altezza. Jureskin viene spedito dopo pochi mesi, Vignato è un fantasma, Arena carbura solo nel finale di stagione, ma sente l’impatto con la categoria dopo un buon inizio. Leverbe ormai sembra aver esaurito il suo ciclo a Pisa, divenendo il peggior difensore della squadra, Caracciolo ci mette un intero girone per diventare il difensore che serve ad Aquilani, così come Touré per diventare il centrocampista che vuole il tecnico ex Primavera della Fiorentina, mentre anche Nicolas vive tra alti e bassi, tanto da essere sostituito, per un periodo, da Loria. Mlakar compie una stagione disastrosa, troppo spesso poco incisivo e avulso dal gioco, si rivela il vero e proprio flop della stagione, dopo un mercato importante. Nagy proprio non riesce ad andare d’accordo con Aquilani, i due non si trovano e alla fine viene ceduto a gennaio per salvare lo Spezia di D’Angelo. Anche Barbieri ha bisogno di un lungo periodo di apprendimento, sostituzioni e tanta panchina, prima di esplodere nel girone di ritorno, ma pur sempre carente in fase difensiva. E’ però uno dei pochi ad avere carattere. Beruatto per molto, moltissimo tempo, si rivela più un danno che un valore, ma le sue buone ultime dieci partite della stagione non riusciranno a riscattare a pieno il resto della sua stagione. Tatticamente invece il Pisa gioca con il 4-2-3-1 e con il 3-4-2-1, ma il gioco di Aquilani non riesce ad esprimersi alla perfezione come vorrebbe l’allenatore. Vittima di un mercato che non regala una prima punta di peso ad Aquilani, costringendolo a a Torregrossa, sempre soggetto a infortuni, il vecchio, ma rispettoso, eroico e rispettabile Masucci, un Gliozzi sempre infortunato e un Mlakar che si rivela un acquisto sbagliato, tocca a Moreo essere forzatamente schierato come prima punta. Si innesca però così un corto circuito. Il giocatore, il cui impegno è indiscutibile, per eccesso di generosità pagherà una scarsa concretezza. Davanti a tutti nello schieramento Moreo si rivela essere la peggiore prima punta vista in un girone d’andata da decenni a questa parte, con 17 presenze e un gol. Schierato in un’altra posizione avrebbe fatto sicuramente meglio, ma si mette a disposizione della squadra e paga fin troppo. Alla fine il suo impegno è da lodare, ma i risultati sono modesti. Si riscatterà, ma solo in minima parte, nel girone di ritorno, segnando 3 gol e dimostrando che, quando schierato a svariare dietro una punta, può fare molto meglio. Diventa così un cortocircuito tattico di una squadra che a tratti fa bene, ma risulta sempre poco incisiva e si espone costantemente al contropiede, non riuscendo mai ad arginarlo, subendo sempre gli stessi gol, come un film che si ripete. Tutti limiti perdurati per tutta un’intera stagione. Ci sono però anche giocatori e note positive. Anche Arena, dopo tanta panchina, arriva a compimento nel finale di stagione. Canestrelli attira le attenzioni della Serie A, così come Esteves, rivelatosi una delle note più felici del campionato. Rinasce schierato centrocampista centrale accanto a Marin, dopo un flop clamoroso di Barberis e Miguel Veloso.
LA GUERRA EXTRA CAMPO – In un anno in cui le cose vanno male, a volte le cose vanno anche peggio. Si innesca una inutile guerra tra società nerazzurra, Questura, Comune di Pisa, con i tifosi della Curva Nord che decidono anche di rimanere fuori dallo stadio per mesi. Tutto nasce dalle problematiche della gradinata. Calcinacci che cadono, settore interdetto e il Comune di Pisa costretto a correre ai ripari. Una figuraccia anche per il Pisa, che aveva fatto pagare quel settore a peso d’oro, istituendo la gradinata premium. Prezzi sbagliati che si ritorceranno contro. Se infatti la Curva Nord viene esaurita in abbonamento e diventa paradossalmente anche più conveniente abbonarsi in tribuna, in gradinata invece i prezzi sono troppo alti e si venderanno sempre pochi biglietti nel settore, superando solo in tre occasioni su 19 le 8000 presenze all’Arena Garibaldi. L’ordine pubblico viene gestito in malo modo dal Questore Sebastiano Salvo, poi trasferito non solo per la vergognosa gestione di una manifestazione di protesta di studenti, manganellati dalla polizia il 24 febbraio 2024, ma anche, su lamentele degli stessi sindacati di Polizia, proprio per la gestione dell’ordine pubblico allo stadio, tra inutili restrizioni e altrettanti inutili spiegamenti di forze che costeranno il posto allo stesso Questore, alla fine dei conti. Nel frattempo avviene di tutto. I tifosi non ci stanno, chiedono l’ampiamento della Curva Nord, non sopportano più il giochino di rimpallo di colpe tra Comune, società e istituzioni. Battaglia a colpi di comunicati tra Pisa Sporting Club e le altre parti in causa sullo stadio e il centro sportivo, che subisce anche diversi ritardi. Colpe ripartite, problemi a tutto tondo. Ognuno ha la sua parte di colpa. Ne fanno le spese i tifosi, ma anche i giornalisti, apostrofati malamente e ingiustamente dal presidente in una conferenza stampa dai toni fin troppo accesi dopo settimane record di silenzio stampa. Tutto, alla fine, sembra risolversi. Comune e società tornano a parlarsi, a organizzare il cronoprogramma per il centro sportivo. Latrofa e il sindaco Conti risolvono i problemi del curvino, l’amministrazione si siede al tavolo con il Pisa per la cessione dello stadio, qualche altro problema finisce come polvere sotto il tappeto, forse per riemergere ancora tra qualche mese. Si va avanti, il tifo torna allo stadio, si chiude una parentesi grottesca e che mette a dura prova il tifo, così come chi vuole bene al Pisa.
GLI ERRORI DI GENNAIO E I 25 MILIONI – A gennaio la rosa viene sfoltita ulteriormente. Saluta Gliozzi, via al Modena, a titolo definitivo. Se ne va anche Nagy allo Spezia con Jureskin. Vignato va alla Salernitana dove giocherà solo 6 spezzoni di partita, facendo pure peggio di quanto fatto a Pisa, raccogliendo la miseria di 200 minuti e contribuendo alla retrocessione dei campani in B. In difesa ci sarebbe stato bisogno di rinforzi, a centrocampo anche. Arriva solo una punta, Bonfanti dal Modena. Il giocatore però segue il filone dei calciatori problematici dall’infortunio muscolare facile. Segnerà cinque gol, ma se non risolverà croniche criticità fisiche non potrà reggersi certamente su di lui l’attacco del Pisa per il 2025. Da tre anni il Pisa è costantemente tra le prime cinque squadre che hanno speso di più sul mercato. Nel corso di questa stagione i nerazzurri si trovano al quarto posto con i loro circa 6 milioni, a fronte dei 16 milioni spesi dal Palermo, degli 11 dello Spezia e dei 10 milioni del Como. Ai 6 milioni ne vanno sommati 19 di stipendi, poi ridotti a 16, specie dopo le cessioni di gennaio, ma anche dopo che Maran e D’Angelo si sono accasati a Brescia e Spezia, abbattendo il monte ingaggi dei nerazzurri. Buoni investimenti nel medio-lungo periodo, come Esteves, Arena, Barbieri, su cui peserà il giallo sul riscatto di fine stagione, ma anche D’Alessandro e Valoti, l’acquisto sbagliato di Mlakar dall’altra. Il mercato di gennaio però, a differenza degli investimenti estivi, non può dirsi soddisfacente.
PEGGIO DELLO SCORSO ANNO – A fine campionato, dopo un playoff sfumato alla penultima giornata, i numeri sono impietosi. Il Pisa si piazza al tredicesimo posto, peggiorando l’undicesima piazza dello scorso campionato. Conclude a 46 punti, uno meno della scorsa stagione (47), con un dato numerico che risulta come la peggiore stagione in Serie B da quando i nerazzurri sono tornati in Cadetteria nel 2019. Solo tre punti di vantaggio sui playout, cinque di svantaggio dai playoff. E’ la terza peggior difesa del campionato con 54 gol subiti. Così male aveva fatto solo nel 2021 (59 gol subiti) e nel 2009 (55). Lo stesso Aquilani ha dovuto fare mea culpa. Diversi giocatori hanno fatto il loro tempo, mentalmente e tecnicamente. La società deve capirlo. Dovrà anche separarsi dolorosamente da qualche pupillo, perché è così che va la vita nel calcio. Senza rimpianti.
COSA SALVARE? OBIETTIVI, RETORICA E GIUSTIFICAZIONI – C’è molto da salvare, ma anche molto da buttare via. Il Pisa ha continuato ad investire, ha una società solida e i dirigenti credono nel lavoro che fanno. Giovanni Corrado, da uomo dell’equilibrio, ha sempre provato, da una parte, a stemperare gli animi, limitando l’eccitazione popolare per qualche buona prestazione, dall’altra abbassando i toni e limitando i danni, sapendo ben gestire le sconfitte. C’è anche tanto dal quale ripartire. Alcuni giocatori rappresentano un tesoretto. Il Pisa deve assolutamente recuperare al 100% Matteo Tramoni, puntare su Arena, cercare di riscattare Valoti e D’Alessandro, trovare una posizione a Moreo perché, al netto di tutto, è un giocatore molto importante, rappresenta un jolly, se saputo utilizzare. Deve salvaguardare Touré, cercare di tenere in squadra Esteves, proteggendolo dalle voci di mercato, provare a riscattare Barbieri. Se non sarà possibile mantenere Canestrelli, l’imperativo sarà guadagnare il più possibile. Il percorso di Aquilani non è riuscito ad arrivare fino in fondo, per ora, ma bisognerà valutare il da farsi. Di questo però parleremo negli ultimi paragrafi. La città intanto segue la proprietà ed è grata perché, ancora una volta, lo ribadisco, questa resta la migliore proprietà che Pisa ha avuto dall’epoca Anconetani. Non ci sono dubbi. Serve tempo per rendere Pisa una macchina perfetta e i dirigenti hanno tutto il tempo e la voglia, anche di sbagliare. Si sono sentiti però molti alibi. Ormai è chiaro, dopo otto anni, che la proprietà e i suoi dirigenti, non riescono ad ammettere alcune colpe evidenti. Non c’è niente di male nell’ammetterle, Pisa non mette certo alla berlina chi sbaglia, se inserito in un percorso che può portare a soddisfazioni a lungo termine. Il progetto c’è, la voglia di crescere anche, ci sono molti elementi mai stati veramente in discussione. Come ho già avuto modo di dire però, la “retorica della salvezza” (vedere articolo) non può bastare per giustificare una stagione fortemente negativa. Tutti sappiamo che rimanere in Serie B non è scontato, che ci sono squadre come Spal e Benevento retrocesse contro ogni pronostico, del rischio corso dallo Spezia, da un Bari che si giocherà i playout dopo aver perso la finale playoff lo scorso anno. A volte si ha avuto la sensazione che ci sia paura nel dichiarare gli obiettivi. Ma se non si dichiarano gli obiettivi non ci si può porre una vera asticella da alzare. L’obiettivo non può essere “fare meglio” o “fare bene” perchè è materia da scuole calcio. L’obiettivo, dichiarato, erano i playoff. Anche se Aquilani dice il contrario, nell’ambiente calcio, tra addetti ai lavori, si sanno benissimo quali sono le confidenze di un allenatore o di un giocatore. Lo stesso presidente Corrado, alla presentazione delle maglie, ha parlato di playoff e Sere A. Perfino Knaster, nei pochi minuti di intervista alla tv pisana, ha dichiarato “Serie A? ancora un po’ di pazienza”. Sì, servono le strutture per il lungo periodo, ma dopo otto anni di presidenza non si può usare il problema di stadio e centro sportivo come un alibi per non essere arrivati ai playoff. Insomma, il Como con il Sinigaglia è andato in Serie A, con una struttura che definire fatiscente è uno scherzo. Il Verona, col Bentegodi, ha il peggior manto erboso delle prime due serie e quando piove le partite vengono sospese. La verità è che uno degli obiettivi della società è quello di cercare di lavorare senza pressioni, ma ormai l’ambiente pisano, l’ambiente nazionale, vedono Pisa per quel che giustamente è. Pisa non più un “Cittadella” qualsiasi, i cui risultati sportivi diventano miracolosi. Il “Pisa dei miracoli” non c’è più, esiste un Pisa di proprietà di un magnate che spende tanti, ma tanti soldi. E non è una critica, ma anzi il riconoscimento del lavoro della famiglia Corrado che, in questi anni, brillantemente, ha portato la società in una nuova dimensione, a traguardi insperati. La città segue Corrado, la tifoseria è matura e i social sono un buco nero di idiozie che non vanno neanche considerati. I fischi allo stadio, come le critiche, fanno parte del gioco. Vanno presi per quel che sono. Anche una certa narrazione è diventata stucchevole. Siamo tutti stanchissimi di dover essere riconoscenti a vita. Con questo non vuol dire non essere riconoscenti, ma sentire sempre i soliti discorsi è un po’ come sposarsi e, ogni volta che arrivano i litigi di coppia, sentirsi rinfacciare: “se non c’ero io non ti prendeva nessuno”. Dopo otto anni di relazione diventa quanto meno tedioso. “Prima eri scapolo, prima di me ti vestivi male, oggi ti rendo bello”, anche basta. “Prima di noi eri arretrato da 50 anni”. Grazie, siamo tutti grati del lavoro di questa società e non finiremo mai di riconoscerlo, ma se anche la stessa società non evolverà nella sua comunicazione, rimarrà bloccata in un loop che le impedirà di crescere da questo punto di vista. E la crescita dev’essere reciproca anche nei rapporti con la piazza. E’ stato un anno di transizione, una stagione negativa. Bisogna riconoscerlo. Gli obiettivi sportivi non sono stati centrati. Se l’obiettivo era i playoff è stato disatteso, se l’obiettivo era migliorare è stato disatteso. Se l’obiettivo era cambiare la mentalità è stato disatteso, se l’obiettivo era cercare di fare un altro tipo di calcio, purtroppo è riuscito poco e neanche a metà. Fa male, ma è questa la verità. Forse ne vedremo i benefici più avanti. Perché ci crediamo, come giornalisti, tifosi e piazza. Abbiamo fiducia e sappiamo che, con il lavoro, questa società ci arriverà dove vuole arrivare. Ma bisogna saper anche riconoscere di aver sbagliato.
IL GIOVANE AQUILANI, IL SUO LESSICO E LE FRUSTRAZIONI… – Focus, determinare, incidere. Alcune parole del lessico del giovane Aquilani, alla prima stagione da professionista. Un allenatore ancora acerbo, con tanto potenziale, tanti pregi, ma anche tanti difetti. Aquilani è stata la vera scommessa della dirigenza nerazzurra, che ha avuto gli attributi, e gli va riconosciuto, di cercare di affidare a un tecnico così giovane e inesperto il futuro della società. Un allenatore che non ha mai avuto paura di dire quello che pensava in conferenza stampa, spesso anche dimostrando una scarsa coerenza su alcuni concetti, ma l’incoerenza fa parte del genere umano. Ad esempio quando in estate dichiarava di avere i giocatori giusti per questo progetto, salvo poi rimangiarselo a fine stagione. L’allenatore ce l’ha messa tutta per provare a far svoltare questo gruppo, ma larga parte dei problemi difensivi del Pisa è colpa sua. Tanto delle sconfitte della squadra passa dal tecnico Aquilani. Che adesso non lo ha ancora capito e sta anche alla società farglielo capire, ma sarà l’esperienza sul campo, a Pisa o altrove, a mostrargli la realtà per quello che è, la strada giusta. Un grande allenatore resta coerente con le proprie opinioni, cerca di imporre il suo gioco, ma sa anche adattarsi alle squadre che ha, non impone di cambiare a tutti i costi. Se qualcosa non funziona, si cambia. Si prova approcci diversi, si modifica un po’ il piano iniziale. L’ostinazione non è mai qualcosa di positivo. Al netto di un progetto tecnico affascinante, con tanti punti interessanti e che, secondo me, può ancora dire tanto a Pisa, se lo stesso allenatore verrà messo nelle migliori condizioni di agire. Aquilani però dovrà cospargersi il capo di cenere, come fatto ieri nel corso della sua ultima conferenza stampa, nella quale si è assunto tutte le responsabilità. Anche Aquilani, come i suoi giocatori, non deve aver paura di cambiare. Non snaturarsi, ma sapersi adattare ai tempi. Come diceva proprio lo scrittore Machiavelli nel suo Principe, nel rapporto tra “virtù e fortuna”: Il miglior leader, diceva Machiavelli, non è colui che è forte, ma colui che ha capacità di adattamento. Ad Aquilani riconosciamo colpe, meriti e attenuanti. E Pisa ha un cuore grande perché i tifosi, se la società e il tecnico sceglieranno di proseguire insieme, rimarranno al fianco della società. Da questo valore si deve ripartire, anche da una stampa che, al netto di legittime critiche, resta amica del Pisa. Non fa la guerra. Critichiamo, ma nel progetto di Knaster e della famiglia Corrado, ci crediamo tutti. E continueremo a farlo.
E ADESSO? – Ci sono tantissime domande che restano nella testa di tifosi e addetti ai lavori. Il futuro non è ancora certo. Si rischia che questo progetto biennale si areni dopo una sola stagione, costringendo il Pisa a ripartire, non da zero, ma anche con un altro tecnico e un altro direttore sportivo. Stefano Stefanelli è in procinto di andare alla Juventus, ci stupiremmo del contrario. Una possibilità che il Pisa conosce da mesi, fin dall’inverno. E per la quale, crediamo, siano stati presi anche provvedimenti e fatti piani alternativi. Diversamente sarebbe grave. Il tecnico nerazzurro invece potrebbe andare alla Fiorentina. Da tempo viene corteggiato. Se ne dovrà parlare, bisognerà farlo presto. Una decisione, a prescindere, andrà presa presto. Serve chiarezza con la piazza, non incertezza. Magari anche un’altra conferenza stampa per definire le strategie, visto che alcune risposte nell’ultimo periodo sono apparse un po’ “difensive”. Decidere, in fretta, cosa si vuole fare. Se Aquilani resterà, bisognerà sposarsi in tutto. Il Pisa dovrà seguire Aquilani e viceversa. Se invece il tecnico andrà via, beh a me sinceramente, se dovesse scegliere la Fiorentina, un po’ darebbe fastidio. Non perché si tratti della società viola, ma perché, come ho già avuto modo di dire e scrivere in diverse occasioni, mi sembrerebbe come qualcuno che, corteggiato nuovamente dalla propria ex ragazza, molli tutto per tornarci. Anche le parole di ieri sera, in fondo, i tratti di una certa ammissione di responsabilità, hanno assunto i crismi di un altro paragone relazionale. “Non sei tu, ma sono io. Se ci lasciamo sarà perché ti amo troppo”. Aquilani potrebbe non essere pronto per la Fiorentina, per il grande calcio. Gli servirà ancora un po’ di gavetta. A Pisa? Oppure altrove? Non è ancora chiaro, ma se si crede in questo progetto bisognerà avere risposte certe e in tempi brevi. Non casting lunghissimi. Un piano A, B o C, dev’essere pronto. Gli daremo tutti fiducia, come sempre, ma servono risposte veloci, rapide.