Oggi la mia analisi sulle pagine di Sestaporta sarà un po’ diversa dal solito. Racconterò anche in via emozionale la mia serata all’Arena Garibaldi, soffermandomi poi sugli elementi chiave del match. La sfida contro il Modena forse è stato il punto più basso degli ultimi anni della presidenza Corrado. Dal pre al post partita, passando per una gara da dimenticare. E Aquilani non può non rischiare la panchina.
LA PIZZA E LA FORMAZIONE – La mia partita inizia ieri alle 18.30, quando parcheggio per recarmi all’Arena. Alle 19 mi compro una focaccia all’Ungherese e ho modo di confrontarmi con qualche tifoso. Inutile dire che la formazione che avevo ipotizzato era completamente diversa da quella vista in campo, annunciata dal Pisa circa un’ora prima del match. Sebbene da settimane, sia su queste pagine, sia dalle colonne de La Nazione, io e i miei colleghi avevamo caldeggiato un avvicendamento tra i pali di Loria in luogo di Nicolas, il resto del turnover massiccio voluto da Aquilani ci ha lasciato perplesso. Vedere Barberis e Piccinini sbattuti lì davanti alla difesa è sembrato quasi un suicidio tattico. Ma ci tornerò dopo.
LA POETICA DEI “FISCHI” – Prima di entrare allo stadio incontro un paio di amici con i quali discutiamo del brutto clima che si respira a Pisa. Uno di loro è stato a Madrid per vedere la sfida col Siviglia e mi parlava dei fischi riservati ai blancos dopo 45 minuti e uno zero a zero. Ne nasce una discussione anticipatoria di quello che sarebbe stato il clima della serata e che mi avrebbe portato, a fine gara, a realizzare questo post: “Se può essere contestato il Real Madrid che faceva 0-0 all’intervallo da primo in classifica, può essere fischiato e contestato anche il Pisa, quattordicesimo a 2 punti dai playout. Si tifa, si sostiene, è vero, ma si fa anche sentire la propria voce. Il tifo ha tante sfaccettature, ci sono cose che possono piacere e non piacere. E siamo in un paese democratico (per ora), non nell’Ungheria di Orban. Altrimenti non è tifo, è beneficenza“. Anche qui, ci tornerò dopo…
LA COLONNA SONORA E I FUOCHI D’ARTIFICIO – A un’ora circa dall’inizio della partita parte la musica dagli altoparlanti dell’Arena Garibaldi. A ripetizione per quattro volte c’è la colonna sonora del film “L’ultimo dei Mohicani”. L’Arena resta semivuota fino almeno a 20 minuti dall’inizio del match. L’atmosfera sembra subito surreale, resa ancor più tale dai fuochi d’artificio. Tanto belli quanto grotteschi, data la situazione di incomunicabilità tra la società e la stessa tifoseria, con la Curva e i vertici nerazzurri impegnati in un muro contro muro.
LA PARTITA – Il Pisa è in difficoltà e si vede. Tutto quello che era stato fatto di buono nelle scorse settimane, con Aquilani che si era anche proposto meno “fondamentalista” del solito è stato spazzato via ieri sera. Un possesso palla del tutto sterile e due reti arrivate “per caso”. Prima con un lancione per Mlakar da parte di Caracciolo, poi su un calcio d’angolo finalizzato da Canestrelli. Lo stesso che ha però causato la prima rete del Modena. Tanti, troppi errori, tutti uguali. I regali quest’anno non si contano più. C’è tutto nella gara di ieri sera. I torti arbitrali, gli infortuni, l’espulsione evitabile. C’è anche i solito gol subito nel recupero, anche se questa volta, per fortuna, è fuorigioco. Ormai però neanche un pareggio per 2-2 recuperato in inferiorità numerica restituisce buone sensazioni. Se ci si pensa è un risultato positivo e, se si guarda alle stesse partite giocate nel girone d’andata, il Pisa ha fatto 4 punti in più. La media punti invece è tra le più basse di sempre con addirittura 1,14 punti e una salvezza addirittura a rischio a fronte di investimenti importanti. La situazione è ormai diventata insostenibile, il turnover vissuto quasi come una specie di affronto, dato il massiccio numero di sostituti che nel complesso hanno strappato un punto. Così la situazione ha spinto il pubblico, in alcuni casi, a fischiare dal primo all’ultimo minuto di gara.
LA CONTESTAZIONE – Accade così quando l’ambiente è spaccato. Quando ci sono divisioni interne tra tifosi e anche tra società e il resto della città. Già ieri sera parlavo di una voce secondo la quale Aquilani avrebbe mandato a quel paese i tifosi dopo i cori contro di lui. Questa mattina mi sono anche rivolto alle tv ufficiali, parlando direttamente con chi ha gestito la partita di Sky a livello televisivo e non esistono immagini a suffragio di questa tesi che, per me, resta una fake news. Si ritorna però sempre al silenzio stampa… Sarebbe bastato far parlare l’allenatore per smentire questa voce. Invece si prosegue su questa linea, ridicola. L’intera Italia del calcio sta manifestando le sue rimostranze per questa gestione della comunicazione da parte del Pisa. Tornando verso casa, ormai oltre la mezzanotte, mi capita anche di vedere un post. Il commento (pubblico) è dell’ex vicepresidente Freggia, padre dell’attuale direttore operativo Daniele Freggia: “Già ti girano i coglioni perché perdi, poi senti i soliti sciacalli che dal primo minuto ululano contro tutto e tutti e allora si che ti incazzi!!!”. Mi sono permesso di rispondere così: “Non li chiamerei sciacalli, ma persone che pagano il biglietto e hanno tutto il diritto di far sentire la propria voce e il proprio dissenso, se dopo 27 giornate sei 14 esimo a 2 punti dai playout. Protesta e fischi legittimi. Ci mancherebbe altro”. E continuo a ribadirlo. Il Pisa raccoglie quello che ha seminato in questa stagione. I prezzi troppo alti, l’aver dato per scontato i propri tifosi, chiamandoli anche clienti. I silenzi e i mal di pancia. E così arriva la contestazione, giusta perché siamo in un paese democratico e il Pisa si trova in fondo alla classifica. Ma il pubblico di Pisa non contesta perché vuole che i Corrado vadano via, il pubblico contesta perché vuole che cambino le cose. E’ questa la differenza che forse, in società, non è stata colta. Non è una “contestazione” contro Corrado, ma un invito a lavorare meglio.
AQUILANI NON PUO’ NON RISCHIARE – Da quello che emerge la panchina di Aquilani sembra salda, a sentire chi lavora all’interno del Pisa. Dobbiamo credergli? La logica vuole che il tecnico, a questo giro, rischi davvero. Lo dicono i risultati. Oggi, dopo 6 mesi, sentir ancora parlare di infortuni, arbitri, sfortuna etc. sembra solo un alibi. Eravamo abituati a Roberto Gemmi, uno che non le mandava a dire, che gli alibi li rifiutava categoricamente. La società ritrovi quei valori che oggi sembrano perduti. Pur augurandoci che questo progetto sportivo non sia un buco nell’acqua, non possiamo però non pronosticare quando potrebbe essere il momento giusto per cambiare. Potrebbe essere più vicino di quanto pensiamo. Dopo il Cittadella infatti c’è la Ternana per uno scontro diretto, il Como, e poi la pausa per le nazionali. Quello è il momento migliore, se si vorrà cambiare il manico.
AMAREZZA – Resta però tanta amarezza. Amarezza per una stagione nella quale il tutto contro tutti ha vinto, nella quale manca una guida. Manca un rapporto con una società che si è arroccata in una torre d’avorio. E’ ora di interrompere questo loop massacrante, altrimenti l’epilogo potrebbe essere disastroso.