«Se qualcosa può andare storto, lo farà». E’ uno degli assiomi della “legge di Murphy” di Arthur Bloch e può essere utile per iniziare ad analizzare la peggiore partenza della “gestione Corrado” in questi 4 anni di Serie B dopo 3 giornate per il Pisa, con un punto solo raccolto su 9 disponibili. I nerazzurri devono ancora raccogliere i frutti del loro lavoro, mentre suonano campanelli d’allarme e il mercato sta volgendo al termine, tra preoccupazioni e bivi all’orizzonte.
PISA-GENOA – Partiamo dalla sfida di ieri. Presa singolarmente, se non fosse per l’errore difensivo che ha portato al gol la squadra ospite, non è stata una prestazione negativa contro una squadra retrocessa dalla Serie A, che ha 25 milioni di euro in più di budget, dovuti dal paracadute economico previsto dai regolamenti. La difesa ha dimostrato di essere migliorata molto rispetto alle prime tre gare, così come la solidità della squadra, ma ancora non sono arrivati i tre punti. Era difficile fare risultato contro il Genoa, anche se piove sul bagnato. Tra le cose da analizzare e di cui tenere conto c’è l’infortunio di Torregrossa, una grossa tegola da smaltire, l’espulsione di Calabresi che, unita all’assenza di Esteves riporta in emergenza la fascia destra, ma non solo.
I NUMERI – Se prendiamo in analisi i freddi numeri, sono impietosi. Un punto in 3 partite, il terzultimo posto in classifica, anche se alla terza giornata non conta poi così tanto, una difesa complessivamente in affanno che resta la peggiore del campionato con 7 reti subite e un distacco di 6 punti dal primo posto, occupato proprio dal Genoa che sta rispettando i pronostici della vigilia. Se poi uniamo anche la Coppa Italia contro il Brescia, i numeri peggiorano ancora. E anche Maran non è fortunato, perché tra l’esperienza di Genoa e quella di Pisa, non vince da 14 partite ufficiali consecutive. Permane inoltre quella statistica che pesa come un macigno: Solo il 16% delle squadre che hanno perso una finale playoff sono riuscite a promuovere l’anno successivo.
IL “SACRIFICIO” – I numeri non sono tutto e non possono spiegare a livello generale del tutto cosa non vada in questa squadra. Occorre infatti un “pensiero laterale” più approfondito e meno superficiale di una prima, fredda lettura. Il Pisa infatti è partito con un enorme handicap, tra l’altro ampiamente preventivato sia dagli stessi protagonisti, sia da chi scrive su queste pagine, che ha auspicato, per chi segue il rotocalco del giovedì sera “Finestra sull’Arena”, un mese di tempo per arrivare ad essere una squadra rodata. Al di là delle parole di Giuseppe Corrado, con l’entusiasmo del presidente, che ha predicato di “primeggiare”, i direttori Giovanni Corrado e Claudio Chiellini sono stati più miti e riflessivi, predicando pazienza e un periodo di ambientamento. Dov’è stato il sacrificio? Aver deciso, di fatto, di raccogliere il meno possibile ad agosto, partendo come un “diesel” come abbiamo già analizzato su queste pagine e non solo nelle settimane precedenti, per poi essere competitivi nel lungo periodo.
PROBLEMI “A CATENA” – In questo momento la squadra di Rolando Maran sta soffrendo, a catena, tutta una serie di problematiche che, uniti insieme, hanno avuto un impatto devastante su questo inizio di campionato. Quasi come nell’assioma delle “legge di Murphy”, «Se qualcosa può andare storto, lo farà». Perdendo la finale contro il Monza il Pisa era già, concludendosi quella sera il campionato, la squadra che sarebbe partita più in ritardo delle altre in questa stagione. A ribadire ulteriormente il ritardo è stato l’esonero di D’Angelo e il casting per la panchina che, dopo settimane, ha prodotto l’arrivo di Maran a fine giugno. L’handicap si è protratto ancora perché il mercato del Pisa è iniziato in ritardo rispetto a tutte le altre squadre, proprio in relazione al lungo casting per la panchina, tanto che il ritiro è stato quasi “inutile” ai fini della costruzione della rosa, se non per i superstiti della scorsa stagione. La dirigenza ha poi acquistato numerosi giocatori dall’estero, praticando invece una filosofia “attendista” sia in attacco, sia per quanto riguardava giocatori pronti e di categoria. Questo ha generato da una parte un “lost in translation”, dall’altra difficoltà già analizzate dallo stesso allenatore nell’amalgama della rosa. Nel mezzo ci sono stati anche giocatori che sono voluti andare via di loro spontanea volontà, come Maxime Leverbe e Samuele Birindelli, costringendo la società a ricostruire il reparto difensivo, se uniamo anche il grave infortunio di Caracciolo. Alcuni dei giocatori che sono arrivati non erano ancora pronti dal punto di vista fisico, altri si sono infortunati. Tanti problemi, alcuni inevitabili, altri evitabili, tutti insieme che hanno prodotto come risultato questo temporaneo diciottesimo posto in classifica.
LE PREOCCUPAZIONI, UN CAMPANELLO E UN BIVIO – Le preoccupazioni della piazza solo legittime e acuite dalla delusione per aver mancato la Serie A a maggio. Si può decidere di essere ottimisti oppure essere pessimisti. Seguendo la prima linea di pensiero si sceglie la strada della fiducia, mentre guardando l’ultima non si potrà che vedere tutto in negativo. Il campanello d’allarme c’è e pone i nerazzurri di fronte a un bivio. Riprendersi, sfruttando un avversario in difficoltà come il Sudtirol, che ha appena cambiato allenatore e vede in panchina l’arrivo di Bisoli, “tignoso” dal punto di vista del gioco o sprofondare in una spirale negativa. L’unica certezza è che finora il campo ha parlato e ha bocciato il lavoro fin qui fatto e sarà solo il campo a guarire i problemi della squadra. “C’è tanto lavoro da fare, ma non significa che non dobbiamo fare risultato“. E’ proprio Rolando Maran a indicare il problema e la soluzione, in una delle sue ultime interviste. Insomma, i problemi sono noti e nessuno nasconde la polvere sotto il tappeto. Serve equilibrio e non sarà facile, perché le giornate passano e i punti servono, ed è stato molto rischioso “regalare” tre giornate di campionato. Serve una scossa, come serve anche non vedere tutto in negativo, allo stesso modo.
CONCLUSIONE – Si può essere contenti e soddisfatti di questo inizio di campionato? Assolutamente no. C’era da aspettarselo? Certamente sì. Si poteva fare diversamente? Probabilmente sì, se si fosse intervenuti subito in alcune zone strategiche della rosa. I dirigenti è giusto che inseguano, però, la loro filosofia, come è giusto che raccolgano le critiche di questo inizio di campionato. La squadra però è forte e continuo ad essere convinto che, con la giusta pazienza e senza che “i buoi scappino dal recinto”, aspettando ancora qualche settimana, prima di farsi prendere dal panico, la squadra sia potenzialmente di grande prospettiva e raccoglierà i frutti del proprio lavoro. Parlare di “salvezza” o “rischio retrocessione” è un’esagerazione frutto dell’umore negativo e non bisogna cadere in questo tranello. Al Pisa serve adesso la prima punta, guardando anche ai problemi di Torregrossa, così come completare definitivamente la rosa, intervenendo eventualmente dove servirà. Ma non sarà così che si risolveranno tutti i problemi. Servirà raccogliere i frutti di questo lavoro e risultati. Vincere risolve sempre ogni cosa.