L’uccisione a Baghdad del generale iraniano Soleimani ordinata dal presidente Usa Trump ha aperto una nuova e forse insanabile frattura nel Medio Oriente: si rischia un’escalation militare ancora più grave e di più vasta scala. Il tutto mentre si acutizza la crisi in Libia, anche con l’intervento diretto di Paesi come Russia e Turchia.
Ne parleranno nell’iniziativa “L’Europa davanti alle crisi di Medio Oriente e Nord Africa”, lunedì 13 gennaio alle ore 18 alla Domus Mazziniana (via Mazzini, 71), Francesco Tamburini, docente di Storia delle istituzioni dei Paesi afro-asiatici all’Università di Pisa, l’esperto di cooperazione internazionale e questioni mediorientali Alfredo De Girolamo e il segretario del Mfe e direttore del Centro studi sull’Unione europea e la global governance Roberto Castaldi. Introduce e modera Federica Martiny del Movimento federalista europeo.
Neanche il tempo di riprendersi dalla lotta all’Isis e dall’invasione turca del Kurdistan siriano che la penisola arabica ripiomba nel caos più totale. Il mondo è in apprensione per gli sviluppi che vedono contrapposte Usa e Iran, due potenze che si stanno contendendo il controllo di una regione che da quasi 40 anni non trova pace. Una situazione che sta mettendo gli stati nazionali europei di fronte ai loro limiti e alla scarsa influenza che le loro diplomazie ormai esercitano in un contesto internazionale in cui gli attori principali sono gli Usa e l’Iran, come nazioni in conflitto e indirettamente Russia, Turchia e Cina. Alcuni anni fa l’Europa fu decisiva nella stipula di uno storico accordo sullo sviluppo non militare dell’energia nucleare iraniana, cosa che ha avvicinato il Paese persiano al nostro continente e all’Italia, suo primo partner commerciale europeo. L’Europa oggi però appare divisa, nonostante la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen sia intenzionata a rafforzare le istituzioni europee nelle relazioni internazionali. E incombe anche la crisi nordafricana, con lo scontro tra le forze del generale Haftar e il governo riconosciuto dall’Onu con a capo Sarraj, che proprio in questi giorni si è rifiutato di incontrare il presidente del Consiglio Conte proprio a causa della visita del generale di Bengasi a Roma. Un contesto difficile, dagli sviluppi incerti e dove anche Turchia e Russia vogliono lasciare il segno.