Termina il primo tempo di Arezzo-Pisa, ultima giornata di campionato della stagione appena trascorsa e i giocatori si avviano verso gli spogliatoi. Nessuno ancora sa che quello sarà l’ultimo momento in cui Andrea Lisuzzo solcherà un campo di calcio con la maglia del Pisa. In avvio di ripresa Sabotic subentra a Lisuzzo e dopo pochi minuti l’Arezzo passa in vantaggio con un gol di Moscardelli. Un momento emblematico, un passaggio di testimone silenzioso e inconsapevole, che si è ripetuto stavolta ufficialmente. Per un nuovo arrivo c’è una partenza, inaspettata e dolorosa. Lisuzzo non è più un giocatore del Pisa.
Lisuzzo è senza dubbio uno dei più grandi calciatori, umanamente parlando, che abbiano mai calcato il terreno dell’Arena da quando vado allo stadio. Con l’amico Gabriele Bianchi, quando parliamo di Andrea e pensiamo ai tutti i suoi momenti più significativi in maglia neroazzurra, facciamo sempre l’esempio del Bignami, quel libricino in cui erano condensate paginate di nozioni che tutti abbiamo avuto almeno una volta nella vita a scuola. Il percorso di quattro anni a Pisa di Lisuzzo è a tutti gli effetti un Bignami della carriera di un calciatore. Andrea le ha vissute davvero tutte. Ha iniziato facendo parte di una squadra con molti problemi messa in piedi da Vitale, mettendoci sempre la faccia soprattutto nei momenti più difficili. L’anno dopo, nell’incertezza di una estate torrida, alla corte di Gattuso ha conquistato una promozione da leader che non dimenticheremo mai. Quello dopo ancora, lungo un’eternità, ha fatto parte della resistenza, di un gruppo di combattenti che hanno tenuto in piedi il Pisa quando tutto sembrava perduto, non c’era più neanche una società e le uniche cose per cui valesse la pena combattere erano la maglia e l’onore, valori che oggi nel calcio non esistono più. L’ultimo anno ha vissuto una situazione difficile, messo anche ai margini della squadra dall’inesperto Pazienza, ma ha saputo essere professionale fino all’ultimo momento, sempre il primo a parlare in conferenza stampa quando c’era qualcosa che non andava, una caratteristica in particolare mi ha sempre colpito di Andrea. In un mondo di conferenze stampa tutte uguali, a volte noiose, in cui si legge sulla faccia di numerosi calciatori quando certe dichiarazioni sono solo di circostanza, le sue parole non erano invece mai scontate. Lui nel gruppo ci ha sempre creduto e se gli chiedevi un parere sulla partita, non parlava mai di sé stesso, ma sempre della squadra, tranne quando c’era da prendersi le proprie responsabilità.
Lisuzzo è il mio capitano. Di Andrea ho in testa la maglia sudata alla fine di ogni partita, il suo saper essere letteralmente l’ultimo baluardo in campo e fuori, le sue lunghe lettere per esultare, ringraziare o scusarsi, sempre in prima linea davanti ai tifosi, il saluto e il ricordo a un amico che ha lottato fino alla fine della propria vita con grande dignità, ma soprattutto, ho vivo il ricordo di una delle partite più emblematiche degli ultimi anni: Pisa-Novara. Eravamo tutti uniti, dentro e fuori dal campo: calciatori, tifosi, giornalisti e addetti ai lavori. Molti di noi erano esausti, il campionato non era ancora cominciato, una partita (quella con la Ternana) era già stata rimandata e le energie mancavano per tutti, provati da mesi di comunicati su comunicati. Il Pisa non poteva nemmeno giocare all’Arena, ma ad Empoli. I giocatori, complici una situazione del tutto anomala, erano stati costretti ad autogestirsi gli allenamenti. Gattuso era appena tornato, ma complice la squalifica, era costretto a seguire la gara dalla tribuna. Inizia la partita e poi, dopo 11 minuti di gioco, Lisuzzo raccoglie una respinta del portiere, si tuffa e segna il primo gol in Serie B del Pisa. Proprio lui, il Sindaco, una delle guide nei nostri momenti di difficoltà. E allora parte l’esultanza incontenibile. Le emozioni non finiscono e dopo una partita in cui il Pisa si arrocca per preservare l’1-0, all’ultimo Cardelli fa il miracolo.
Lisuzzo non ci crede, si mette le mani in testa, l’arbitro fischia la fine, poi scatta l’abbraccio con Cardelli. È in quel momento che tutti ad Empoli accanto a loro vedono un fratello e si abbracciano. La commozione accompagna ogni sussulto dei gradoni del Castellani. Sì, se voglio stamparmi in testa l’immagine di Andrea, scelgo quella di Pisa-Novara. Per tutti questi motivi, il mio capitano neroazzurro di questi ultimi anni, è Andrea Lisuzzo. La speranza, magari nelle prossime settimane o mesi, è quella che Andrea possa avere la possibilità di salutare degnamente il proprio pubblico, certo non con una sostituzione a metà partita dell’ultima gara di campionato, ma nel modo giusto, con un evento adeguato.
Nel calcio si sa, si compiono tante scelte, a volte dolorose. Ognuno ha il diritto di fare le proprie. Così come il Pisa aveva tutto il diritto di non rinnovare il contratto a Lisuzzo da giocatore, siamo chiari, anche se sui modi posso non essere d’accordo. Ignoro quale possa essere il futuro prossimo di Andrea Lisuzzo, qui si può solo entrare nel campo delle speculazioni e dei desideri. Mi restano negli occhi però le parole di Corrado: “Lisuzzo è una bandiera del Pisa. E’ un ragazzo eccezionale, un grande professionista dal quale tutti i giovani dovrebbero prendere esempio. Abbiamo già affrontato il tema del rinnovo: la sua intenzione è quella di giocare ancora un anno e poi magari passare ai quadri tecnici. Non vuole lasciare Pisa e sono convinto che sarà così”. Sapendo che Andrea ha acquistato casa e investito il proprio futuro su Pisa, che lo ha accolto e accudito in questi quattro lunghi anni, dove ha trovato tifosi e amici, la mia speranza è che possa continuare a rimanere ancora, anche da non giocatore come si è vociferato in questi giorni, magari dopo aver preso il patentino da allenatore, per restituire ai giovani calciatori del settore giovanile che saranno il futuro del Pisa la sua grande esperienza tecnica e morale.