Anche Sestaporta onora la giornata mondiale contro la violenza sulle donne e lo fa con un’intervista a Valeria di Bartolomeo, vicepresidente di Devitalia, editore della nostra testata, ma anche presidente del Consiglio delle pari opportunità cittadino.
Classe 1972, Valeria di Barlomeo è la dimostrazione di come una donna possa essere imprenditrice, mamma, moglie e cittadina attiva. Certo le difficoltà ci sono ma sentirsi parte di una comunità sicuramente è linfa vitale nella gestione delle piccole problematiche quotidiane. Per non parlare poi di quanto giochi la sensibilità di una società nell’affrontare temi di ancora drammatica attualità come la violenza sulle donne. Da qui la scelta di dare il proprio contributo e la convinta adesione a un progetto di partecipazione come il Consiglio delle pari opportunità.
Che valore ha oggi un Consiglio delle pari opportunità?
Un Consiglio delle Pari Opportunità non è mera propaganda – spiega Valeria – è innanzitutto un luogo dove si discute e si impara a vivere il confronto in maniera sana e costruttiva. Ci sono alcune tematiche che vanno oltre l’appartenenza politica e in questi anni (Valeria Di Bartolomeo è stata nominata presidente nel 2014, ndr) il nostro Consiglio ha lavorato in questa direzione.
Nello specifico qual è il suo ruolo?
Oltre ai dibattiti nelle aule del Consiglio, abbiamo cercato espressioni concrete per migliorare il dialogo sui temi della parità e maturare importanti decisioni che hanno reso la nostra comunità più forte contro la violenza di genere. Abbiamo cercato di creare in città un terreno fertile di discussione e momenti di sensibilizzazione capaci di coinvolgere tutti i settori della società civile.
Un po’ come l’iniziativa di oggi: drappi rossi sulle facciate di molti edifici cittadini…
Sì. Può sembrare un semplice gesto ma la cosa più importante è che coinvolge non solo i luoghi delle istituzioni: i drappi rossi sono esposti su palazzi privati, luoghi di cultura, hotel, istituti e molti altri. È un richiamo visivo d’impatto che lega la città tutta, sta a significare “anche noi ci siamo e ne parliamo”. Che poi le parole a volte sono importantissime, altre sono secondarie a un atto di presenza. E le istituzioni devono prima di tutto esserci.
Tu non sei pisana di origini, quanto ha voluto dire per te questo nell’affrontare il tuo ruolo?
A dir la verità non molto. Io faccio parte della società civile qui, come a Pescara, dove sono nata. Do il mio contributo dove vivo e dove mi sento parte di una comunità, ovunque essa sia. Pisa adesso è la mia città, dove crescono i miei figli, ed è un mio dovere far sì che l’ambiente sia il migliore possibile. Certo ci sono delle criticità ma questo non deve esimerci dal sentirci responsabili. Troppo spesso oggi si tende a trovare colpevoli che ci possano discolpare. Per dirla alla De Andrè “anche se ci crediamo assolti siamo lo stesso coinvolti”.