Qual è il destino delle squadre retrocesse dalla Serie B in Lega Pro? Come risalire prontamente in Serie B? Tra statistica e opinione.
Lo scopo di questo articolo è rispondere a una grande domanda, con dati statistici: Cosa succede alle squadre che retrocedono dalla Serie B alla Lega Pro? La Lega Pro è un buco nero che conosciamo benissimo, una categoria nella quale si va a perdere e non a guadagnare, soprattutto nelle grandi piazze. Rimanere in terza serie rischia di essere letale, a meno che non si trovi la propria dimensione all’interno di questo campionato senza infamia e senza lode. Come riuscire dunque a evitare di rimanere prigionieri della terza serie? In chiusura proviamo anche rispondere a questa seconda domanda.
I DATI – Attraverso 20 anni di calcio e 19 stagioni sportive, analizziamo insieme il destino delle squadre retrocesse in Lega Pro dalla Serie B a partire dalla stagione 1997/98. Complessivamente sono retrocesse 71 squadre fino ad oggi ed è possibile raggruppare questi team in quattro grandi tronconi: Chi è subito tornato in Serie B, chi ha mantenuto la categoria, chi è retrocesso subito dopo e chi è fallito immediatamente o nel giro di un paio d’anni.
GLI ESEMPI VIRTUOSI – Delle 71 squadre retrocesse a partire dal 1997/98 solamente 8 squadre sono tornate subito in Serie B l’anno successivo, ovvero l’11,3% del totale. L’esempio più recente è quello del Cittadella, retrocesso nel 2014/15 e vincitore della Lega Pro dello scorso anno. Un plauso va anche al Novara che nel 2013/14 era sceso fino alla terza serie dopo aver accarezzato solo due anni prima la Serie A, ma ha avuto subito la forza di ripartire vincendo il proprio girone nel 2014/2015. Così hanno fatto anche Vicenza e Pro Vercelli dopo il 2012/13 e il Cesena dopo il 2007/2008. Tutte le squadre prese in esame finora hanno vinto il campionato. Discorso a parte per il Genoa, retrocesso per illecito sportivo nel 2004/2005, ma capace l’anno dopo di creare una squadra in grado di vincere i playoff. Esempio curioso quello dell’Avellino che è riuscito a fare l’altalena ben 2 volte. La prima dopo la retrocessione in Serie C1 del 2004, culminata dalla immediata risalita l’anno dopo con la vittoria dei playoff. Nel 2006 gli irpini retrocedono ancora in C1, ma risalgono nuovamente vincendo i playoff. Una doppia risalita più unica che rara.
CHI HA MANTENUTO LA CATEGORIA E CHI NO – Sono ben 28 le squadre che sono riuscite a mantenere la categoria indenni o senza tracolli finanziari, pari al 39,4% del totale. Tra queste c’è chi ha perso i playoff l’anno successivo (Solamente 6 squadre), chi ha terminato il campionato in una tranquilla posizione di metà classifica e chi si è salvato vincendo i playout. Tra gli esempi più clamorosi c’è il “caso limite” del Napoli, ripartito dalla Serie C1 del 2004/2005 a seguito del fallimento dopo il 14^ posto in Serie B dell’anno prima, ma incapace di risalire al primo tentativo. Viene infatti sconfitto ai playoff. Ci sono anche 3 squadre (4,3% del totale) che sono subito retrocesse l’anno successivo, non riuscendo a gestire la categoria. Tra queste il Padova, la Cremonese o il Foggia, che dopo il 1997-98 è rimasto per 20 anni prigioniero della Serie C/Lega Pro, riuscendo a tornare in B solamente quest’anno.
I TRACOLLI – Il dato più incredibile è quello relativo ai fallimenti, ben 32 su 71, ovvero il 45% delle squadre. Ciò significa che quasi la metà delle squadre retrocesse in Lega Pro fallisce subito o entro due anni. L’esempio negativo per eccellenza è purtroppo proprio quello del Pisa, fallito nel 2009 dopo la retrocessione in C1, ma fallito anche nel 1994 con l’epilogo dell’era Anconetani. Assolutamente incredibile il quadriennio 2007-2001, nel quale delle 16 squadre retrocesse, ben 13 sono fallite. Vediamo alcune delle squadre a cui è andata peggio: Il più clamoroso è il caso del Lanciano, il fallimento più recente, costretto a sparire dal calcio e a non iscriversi a nessun campionato professionistico o dilettantistico, ripartendo esclusivamente dai campionati giovanili. Malissimo è andata anche al Gallipoli, che dopo la retrocessione dalla Serie B del 2010 è dovuto ripartire dalla Promozione. L’Ancona (2009-10) e il Treviso (2008-09) sono dovuti ripartire dall’Eccellenza. Poi ci sono le squadre che hanno ricominciato dalla Serie D tra cui Pisa, Avellino (protagonista quindi sia come esempio virtuoso che negativo), Mantova, Cosenza etc. Inoltre ci sono quelle squadre che hanno tentato l’immediato assalto alla Serie B fallendo miseramente spendendo in lungo e in largo, dando luogo a un vero e proprio tracollo finanziario. Tra queste la Nocerina, la Salernitana, il Savoia o la Fidelis Andria.
COME RISALIRE? – Sono pochissime dunque le squadre che sono subito tornate in Serie B l’anno successivo a una retrocessione. Come fare dunque a evitare di rimanere prigionieri di una categoria che in questa città conosciamo così bene? Una cosa almeno appare certa: Il Pisa oggi ha una proprietà con ampia disponibilità economica e che a livello aziendale sa il fatto suo. Lo spettro di un terzo fallimento consecutivo dopo una retrocessione dovrebbe dunque essere scongiurato. Resta allora da programmare il futuro con la promessa, da parte del presidente Corrado, di una squadra competitiva. Prima di tutto la società deve dotarsi di un Direttore Sportivo navigato ed esperto, capace di fare di necessità virtù e che sia in grado di strappare contratti vantaggiosi per calciatori di livello affiancandolo a un Direttore Generale. Queste due caselle sono già riempite, poiché Giuseppe Corrado si affiderà rispettivamente a Ferrara e al figlio Giovanni. Sappiamo bene che spesso in terza serie vengono stipulati contratti ben più alti rispetto alla Serie B per alcuni giocatori, anche perché ci sono squadre che possono contare su un budget per la campagna acquisti di oltre 10 milioni di euro in questa categoria. Oltre a DG e DS ecco che fa capolino un altro importante aspetto: Il budget. Spendere tanto, ma male o spendere poco, ma bene? La soluzione come sempre sta nel mezzo. Serve dunque non solo un budget adeguato e un Direttore Sportivo all’altezza, ma anche un allenatore che possa essere una guida tecnica esperta e navigata, abituato magari a imprese di un certo livello. Dato che pare ormai certo l’addio di Gattuso, bisognerà dunque guardarsi intorno per trovare un nuovo mister. Infine, servono giocatori capaci di reggere una pressione di una piazza importante come Pisa, che però ha già dimostrato quest’anno di poter gestire in maniera matura situazioni al limite della sopportazione umana. Gli insegnamenti che la città, a livello sportivo, ha maturato dopo una stagione priva di qualsiasi forma di normalità, saranno sicuramente utili per ripartire in maniera adeguata.