Anche per Mannini mi sono preso un giorno per metabolizzare la notizia del suo addio. Riuscire ad avere un pensiero a freddo non è affatto facile. Partiamo dal fatto che Daniele Mannini non finirà la carriera a Pisa. Il capitano saluta così, forse in maniera un po’ fredda, rescindendo il suo contratto nonostante avesse ancora un anno da disputare. I motivi non sono neanche misteriosi, non rientrava nei piani della società e il rapporto con la società stessa era incrinato ormai da tempo.
Non voglio ricordare un capitano per questo, e non voglio ricordare Mannini solo per gli ultimi anni a Pisa, ma per i 5 anni complessivi giocati in maglia neroazzurra. Era l’estate del 2003 ed ero in vacanza con la mia famiglia: ricordo che si parlava un gran bene di Mannini, figlio d’arte, di soli 20 anni, che già si era fatto notare a Viareggio. Lasciò tutti a bocca aperta nei primi impegni ufficiali, soprattutto in Coppa Italia contro l’Ancona, battuto 0-2 ai gironi, contribuendo con un bel gol nel finale. Già da quel gol ricordo che fu seguito da tante squadre importanti e nel suo primo anno a Pisa, sfortunato per quanto riguarda i risultati, con un’annata anonima e un ottavo posto davvero disastroso, fu tra le uniche note positive. Divenne difficile trattenerlo e da lì Daniele iniziò un lungo viaggio verso il Brescia, poi Napoli, Sampdoria e Siena, diventando uno dei giocatori più forti del suo ruolo. Poi le strade col Pisa si incrociarono di nuovo durante una sessione di mercato invernale. Daniele accettò di scendere di categoria e tornare a Pisa, voleva provare l’assalto alla Serie B con i neroazzurri. Quell’anno purtroppo il sogno del Pisa e di Mannini si infranse alle semifinali contro un fortissimo Frosinone che da lì spiccò il volo per una doppia promozione verso la Serie A.
Le strade di Daniele e del Pisa si separarono di nuovo per due anni, ma poi si riavvicinarono per l’ultimo triennio che conosciamo. In poco tempo Mannini, nonostante fosse Rozzio il capitano, si prese i gradi sul campo. Se possibile diventò il vero trascinatore del Pisa in campionato e soprattutto ai playoff. Il suo “salto” ad esultare dopo la rete segnata col Foggia in finale d’andata, immortalato dall’amico fotografo Gabriele Masotti, contenuta anche nel suo splendido libro celebrativo e icona divenuta anche incredibile tatuaggio di un tifoso. La promozione col Pisa in B del 2016 resta un grande capolavoro ad imperitura memoria.
Poi la sciagurata estate che non finiva mai, le mille difficoltà, i problemi, la messa in mora e un rapporto che si incrina con allenatore e ambiente nella seconda parte del campionato. Una cosa però consentitemi di dirla. Ho notato nel leggere i commenti di molte persone sul web, nei forum, nelle telefonate fatte ad amici che frequentano l’Arena da tempo, che diversamente da Lisuzzo il consenso per Mannini è meno unanime. Ma il rispetto ci dev’essere sempre. Ho letto commenti che non fanno onore a chi li ha scritti. E bisogna sempre accendere il cervello prima di parlare. Quando una voce, che magari contiene anche un fondo di verità, si propaga, alla fine si mischia al pettegolezzo e non è più verità. Bisogna però considerare anche l’aspetto umano, soprattutto in questo caso e rendersi conto che nessuno è perfetto, nessuno può sapere cosa può passare nella mente di una persona quando si vivono momenti difficili. Se ci sono stati degli errori, all’epoca del passaggio societario, è bene sapere che per quei fatti ci fu anche un chiarimento con la società, all’interno delle stanze della sede e il giocatore ha sempre cercato di far parlare il campo. Io so per certo che Daniele al Pisa ci teneva davvero, soprattutto durante i momenti difficili della Serie B. Ricordo una volta che mi venne detto da una persona a lui vicina che spesso non riusciva a dormire durante quell’estate, ossessivamente a guardare col cellulare notizie sui comunicati e a parlare con i compagni di squadra quotidianamente sul da farsi. Daniele poi non è mai stato un mago nella comunicazione. La sua bravura in campo non è mai andata di pari passo con la comunicazione fuori dal campo o in conferenza stampa. Ricordo in conferenza stampa di avergli fatto anche un paio di domande per “agevolarlo” ai tempi della Serie B e dell’ultima Serie C, ma appariva sempre sulla difensiva. Con il collega e amico Chiavacci del Tirreno questo autunno eravamo alla cena del ritorno di Kieft a Pisa e c’erano tutti i suoi compagni di squadra dell’epoca. Eravamo seduti vicino ad Alessandro Mannini e mi venne istintivo chiedergli qualcosa sul modo di comunicare di Daniele. Alessandro mi dipinse un ritratto fedele di suo figlio che, nonostante le oggettive difficoltà al parlare con la stampa, era fatto di consigli chiesti a suo padre, di sudore in campo e di una maglia sempre bagnata, e molto spesso di perfezionismo. Daniele era tra i più bravi in campo anche nella preparazione, che gli ha permesso alla soglia dei 34 anni di avere ancora una discreta resistenza durante le partite e doti atletiche fuori dal comune.
Veniamo al suo ultimo anno a Pisa. Un campionato difficile per lui, ma professionalmente impeccabile. Quasi sempre fuori ruolo, Daniele non ha mai detto una parola fuori posto e ha sempre lavorato a testa bassa. Alla fine sono arrivati anche 5 gol che durante la stagione regolare ed escludendo i playoff rappresentano il suo record con il Pisa in campionato, alla faccia di chi lo dava per bollito. Non è arrivata la promozione sperata e non è arrivato nemmeno un finale di carriera in neroazzurro. Ma io preferisco ricordare Daniele per le cose positive fatte con il Pisa, sicuro che ci ha salutato un giocatore che ha dato tanto alla causa neroazzurra e non riconoscerlo sarebbe un delitto.
Ciao Daniele, grazie di tutto e in bocca al lupo.